Politica

Paura delle primarie

Quando le primarie andavano di moda, e i giornaloni facevano a gara per esaltarne lo spirito democratico e americaneggiante, noi avvertivamo che erano una presa in giro e avrebbero portato male alla sinistra. Ora che si moltiplicano le voci di quelli che vogliono abolirle (da ultimo Giovanni Sartori, sul già festeggiante Corriere della Sera) sentiamo il dovere d’avvertire che si sta confondendo il sintomo con la malattia: il problema della sinistra è che manca la politica, non il sistema per meglio stabilire chi debba interpretarla.

Sartori sostiene che non si è trattato di una vera gara, perché l’esito era scontato, servendo a far trionfare e legittimare Romano Prodi. Per la verità servirono anche per dare forza (sprecata) a Walter Veltroni. In ogni caso: noi lo scrivemmo già allora. Ben arrivato. Aggiunge, il noto studioso di sistemi politici, che sortiscono l’effetto d’estremizzare le scelte. Mica vero: a Milano sono servite per designare candidato a sindaco il più moderato e garantista fra i nomi in competizione, Giuliano Pisapia. Sartori, quindi, non fa che adattare la dimostrazione alla tesi, che consiste in una cosa semplice e immediata: bisogna fermare Nichi Vendola. Il professore ci scuserà, ma l’orizzonte pare un po’ ridotto: anche ammesso che si placchi il prolisso e seduttivo non dicente pugliese, come cavolo pensa che possa decidersi chi guiderà la coalizione? E, inoltre, se questa continua a contenere Antonio Di Pietro e il suo giustizialismo, non gli sembra assai più occidentale e ragionevole la formazione politica del governatore orecchinato?

Il fatto è che la sinistra, come l’intero sistema politico italiano, dovrebbe scegliere fra un modello di partito aperto e democratico, plurale ma unico, nel qual caso attrezzarlo di dibattiti e sedi decisionali interne, e un diverso schema, legato alle coalizioni, nel qual caso non si capisce come uno pretenda, in mancanza di riforme costituzionali, di comandare sugli altri, posto che senza gli alleati cade subito. Il partito a “vocazione maggioritaria” doveva essere la prima cosa, ma è morto prima di nascere, visto che si alleò con il suo contrario.

Continuando la sua riflessione Sartori aggiunge che le primarie inducono al frazionismo interno. E’ vero il contrario: il frazionismo interno, dovuto all’assenza di linea politica unificane e al galleggiare d’interessi particolari, trasforma le primarie in un gioco falso. Vuole un esempio: a Torino sarà candidato sindaco Piero Fassino, con un grande avvenire alle spalle, avendo fatto fuori il rettore del politecnico, Francesco Profumo, che avrebbe regalato un vantaggio (di contenuto e d’immagine) nazionale. Perché la sinistra si fa del male? Perché Pier Luigi Bersani ha bisogno d’alleati, in caso di primarie interne. Le uniche elezioni che uno di sinistra spera di vincere. In queste condizioni, con questo spessore di pensiero e questo così largo orizzonte, sarebbe da sciocchi prendersela con l’invenzione di Prodi e Arturo Parisi, che non servì manco a difendere il troppo debole signorotto dai suoi valvassori e valvassini.

Pertanto, sia detto da chi ha detestato le primarie fin dall’inizio, da chi aveva riso del rimprovero mosso alla destra che non le adottava (come se menare per il naso militanti ed elettori e allestire urne vacanti di regole aumenti la libertà e fortifichi la democrazia), ma avere paura delle primarie interne alla coalizione, fino a volerle smantellare, solo perché i capi del partitone temono i capi dei partitini è patetico.

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