Politica

Pensioni e diritti

Le pensioni d’oro non sono solo quelle esagerate e smodate, in questi giorni diffuse dal governo. Sono tutti casi conosciuti, da tempo. Non sono (solo) quelle ad avere squilibrato il sistema pensionistico. Né, per la verità, ha molto senso limitarsi a pubblicare le cifre assolute, soffiando sul fuoco dell’invidia sociale. Che già cova di suo. Le pensioni, per quel che significano in termini di sistema e di costi sopportati dalla collettività, non si dividono in alte e basse, ma in basate su adeguati contributi versati e finanziate, invece, dalle tasche dei contribuenti. La seconda categoria, quella che crea problemi, non si compone esclusivamente di poche decine di casi eclatanti, ma di numerosi pensionati che sono e resteranno anonimi.

Qui si pone un tema delicato, dal punto di vista giuridico e sociale, quello dei “diritti acquisiti”. Il privilegio consiste nell’avere una pensione parametrata non ai contributi che si sono versati, ma al reddito da lavoro dipendente riscosso negli ultimi tempi della propria carriera. Ciò crea una sproporzione talora esagerata. Questo privilegio non è certo un diritto di natura, anzi è un diritto insostenibile se popolazione e ricchezza non crescono in continuazione e a ritmi sostenuti (il che è impossibile). Non di meno, però, era un diritto codificato al momento in cui queste persone sono andate in pensione, sicché risulta problematico metterlo in discussione a giochi fatti e non più riapribili. Quei pensionati, compresi quelli le cui foto (segnaletiche?) sono state pubblicate, non hanno violato alcuna legge. Hanno usufruito di quelle esistenti. E se in certi casi ci ha messo lo zampino un legislatore cavilloso e pernicioso, magari irragionevolmente corrivo agli interessi di pochi, ma pur sempre fonte di legge, è bene non dimenticare che il principio secondo cui si è potuto riscuotere più di quanto sarebbe ragionevolmente spettato era non solo accettato, ma difeso a spada tratta quale conquista sociale. Quel principio sugge oggi dalle tasche di molti. E se la Corte costituzionale è sembrata un po’ troppo incline a difendere le pensioni di quanti la compongono, bocciando in modo non convincente il “contributo di solidarietà” imposto dal governo Monti, non c’è dubbio che intervenire in modo generalizzato e tassando, quindi rinunciando al linguaggio biforcuto della fasulla solidarietà, qualche problema lo crea.

Come se ne esce? Da nemico di quel sistema, temo che lo scontro frontale non giovi. Anche perché porta con sé l’inaffidabilità della legge e della parola statale. E’ vero che quel privilegio era irragionevole, ma noi lo scrivevamo allora, mentre farlo valere a posteriori mina la credibilità delle leggi. Ripeto: ciò dipende dal fatto che i giochi si sono già chiusi, cosa che non vale, ad esempio, per quanti in pensione non ci sono ancora andati e che (come chi scrive) si son visti ripetutamente cambiare le regole, a proprio danno. Dunque, posto il principio generale della tassazione progressiva, talché chi più incassa più paga, si potrebbe intervenire calcolando per tutti (e non per pochi, e non per censo) la differenza fra quanto della pensione erogata è retto da contributi e quanto da facilitazioni e regalie di legge, versando la seconda parte, per un periodo definito, non in contante ma in titoli decennali del debito pubblico. Sarebbe un prestito forzoso, che definisco subito orribile, ma pur sempre meno indigeribile della decurtazione per via fiscale.

Proprio perché orribile, una misura del genere dovrebbe essere accompagnata da condotte eticamente coerenti. Primo: i politici eletti che si sono artificiosamente fatti assumere da privati, per far pagare all’erario i contributi pensionistici di un lavoro mai fatto, devono essere noti e quel privilegio deve cessare. Amministrare la cosa pubblica non è una colpa, ma neanche un lavoro. Se intendono continuare la loro carriera pensionistica liberissimi di farlo, ma a spese proprie. Secondo: l’Inps non può continuare a essere amministrato da chi ha più incarichi che capelli in testa. Gli incarichi pubblici non possono essere il filo di una tela con la quale s’ingabbia chi li assegna (quindi il potere politico) a beneficio di chi li riceve (quindi il potere burocratico). Tollerare tali costumi è esattamente come avere tollerato pensioni insostenibili: rimediare dopo diventa difficile. E tragico.

Pubblicato da Libero

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