Stiamo facendo finta. L’attitudine generale è diventata questa, in Italia: fare finta. Con il risultato che ci descriviamo come finiti, sull’orlo del tracollo, destinati a infausta e ineluttabile sorte. Invece avremmo solo bisogno di affrontare la realtà, di non prenderci in giro. Quindi di non sprecare e umiliare i molti punti di forza che abbiamo.
Facciamo finta che la stabilità sia un valore in sé, mentre in sé non è un bel nulla. Gli stessi che la mattina suonano lodi alla stabilità, supponendo che il suo opposto porti sventure, al pomeriggio ti spiegano che così andando moriremo tutti. Smettiamola di fare finta: un governo che dice di abbassare le tasse e invece le alza è un’accolita di mentitori. Con il che nessuno crede che si possa dimezzare la pressione fiscale in uno schioccar di dita, ma nessuno dovrebbe considerare accettabile il raccontare bubbole dalla cattedra governativa. Così come fingiamo di credere che il governo abbia creato posti di lavoro per i giovani. Fantasia: alcune agevolazioni hanno accompagnato assunzioni già decise. Non è stato creato un solo posto di lavoro, grazie a scelte governative (salvo quelli degli assistenti dei ministri). Così ragionando, già che ci si trova, perché Enrico Letta non tiene nel conto anche tutti quelli che si sono innamorati, durante il suo governo? Avrebbe un tocco romantico. E perché non contare quelli che sono guariti? Sarebbe quasi miracoloso. Ma tutto inutilmente suggestivo.
Facciamo finta di credere che la stabilità italica abbia abbassato lo spread, che è sceso in tutta Europa. Gli spagnoli avevano uno spread ben più alto del nostro, mentre ora la distanza è ridotta, siamo a un’incollatura. Dite che dipende dalla stabilità italiana? Baggianate! Piuttosto sono cresciuti i tassi tedeschi. Facciamo finta che la Borsa sia salita grazie alla stabilità. Letta lo va ripetendo da uno schermo all’altro. Ma, a parte il fatto che un tempo sarebbe stata quasi una colpa, abbiamo anche qualche merito su Wall Streat o portiamo fortuna solo al continente in cui ci troviamo?
Facciamo finta di credere che grazie al governo il prodotto interno lordo del 2014 crescerà di un punto percentuale (sempre parole di Letta). Qui centrando una doppia finzione, dato che crescerà meno e se anche fosse un punto tondo sarebbe meno di quel che faranno altri europei, che hanno conosciuto una recessione inferiore alla nostra. Oramai avviati, facciamo finta di credere che si venderà del patrimonio pubblico, per abbattere il debito. Il Corriere della Sera ci ha fatto una prima pagina. Magari fosse vero: in realtà trattasi di misurina camomilla, che prevede solo marginalmente delle vendite, consistendo in diversa intestazione di beni per un valore di poco più di sei miliardi in tre anni. Il niente. Ma elevato al cubo della finzione.
Facciamo anche dibattiti costituzionali sul ruolo e le funzioni del presidente della Repubblica, facendo finta di non vedere che è abbondantemente fuori dai binari costituzionali. Neanche per volontà propria, ma per implosione della politica. E’ un attacco a Giorgio Napolitano? Ma no, facciamo anche finta di credere che tutto sia personale. No, è un fatto. Certo, se poi il presidente Napolitano si mette a fare lo sponsor della legge contro il negazionismo (il che esula dalle sue funzioni e poteri) io ho non il solo diritto, ma il dovere di ricordare che egli è un negazionista. Non so se pentito, o stranamente smemorato.
Facciamo finta di non vedere che l’intera Costituzione è divenuta oggetto di culto misterico, perché i suoi dettami sono ignorati. (Fra parentesi: il prof. Giovanni Guzzetta mi dice che tornano firmati i moduli inviati alle segreterie comunali, con i quali si promuove una legge d’iniziativa popolare per il presidenzialismo, il che dice quanto l’esigenza sia sentita, dato che l’iniziativa rimase oscurata dai mezzi di comunicazione). E fingiamo pure nel caso di Silvio Berlusconi: gli uni fingendo che non ci sia una condanna definitiva, gli altri fingendo che l’assalto giudiziario sia da considerarsi un normale affare da avvocati. Fingiamo di non vedere che s’indaga su come votano i parlamentari.
Fingiamo, insomma, per non dovere fare i conti con la realtà reale, con un sistema politico-istituzionale giunto al capolinea e una classe dirigente fatta di piccoli furbetti, sostanzialmente stupidi. E più fingiamo più teniamo fuori l’Italia che corre, che vince, che sa farsi valere. Rappresentata da tanti che restano sconosciuti, perché la comunicazione s’occupa solo di vizi. Ed è questa la formula magica con cui possiamo continuare a descriverci come morti che camminano, nel mentre, nei mercati mondiali, riusciamo a correre più dei teutonici.
Un bagno di realismo e il prosciugarsi delle ipocrisie è quel che serve per iniziare a rimettere in moto l’Italia rimasta ferma, incantata nella contemplazione del proprio disfacimento. Solo che a perdere il ruolo, se aprissimo gli occhi e ci raccontassimo la verità, non sarebbero solo quattro politicanti. Troppe rendite, anche culturali, vivono grazie alla lussuria della decomposizione. Ne godono in pochi e pagano in molti, sarà bene piantarla.
Pubblicato da Libero