Politica

Più impotenza che panico

“Non cedete al panico”, gridano i governi. Un urlo che fa paura. Sono proprio quelle autorità, del resto, a vivere l’incubo peggiore: non sanno cosa fare e quel che fanno si dimostra inutile. Negli Stati Uniti è stato varato un immenso e discusso piano di salvataggio, finanziato con soldi del contribuente. In un paio di giorni i mercati azionari hanno bruciato più di quel che gli americani hanno speso. “Abbiate fiducia”, si ripete a quanti hanno soldi in banca. Ma non ci sono scene d’assalto alle banche, non ci sono folle di correntisti che vogliono il contante da mettere nel materasso. Semmai sono le banche a non avere nessuna fiducia e fra loro non si prestano il denaro perché temono che l’altra salti in aria prima di sera.
Il mercato delle cose reali andava bene. Ora subirà l’effetto di questa coagulazione in vena, della diminuita circolazione di denaro, recederà, o, meglio, crescerà meno. Ma è sano, funziona e la globalizzazione gli ha fornito nuova spinta. Il petrolio è sceso sotto gli ottanta dollari, quindi neanche si può dire che la produzione arranca perché i Paesi estrattori speculano, o che il maggior costo dell’energia è un inevitabile derivato della crescita di Paesi prima sottosviluppati. I guai che stiamo scontando, insomma, nascono da un immane crollo di credibilità, a sua volta alimentato dall’inesistenza di autorità dotate del potere necessario per bloccare e sanzionare le irresponsabilità. I governi nazionali non bastano. Perché sono troppo piccoli e perché sono corresponsabili nell’avere alimentato l’economia del debito. Sono fra i soggetti più indebitati, talché appare paradossale che proprio i titoli relativi a quei buchi siano giudicati fra i più affidabili.
A scuola abbiamo studiato la storia di tante crisi politiche indotte da crisi economiche, come le carestie, o flagelli naturali, come le epidemie. Ora viviamo l’opposto: una crisi economica, una diffusione epidemica d’infezione finanziaria, provocata dall’inconsistenza politica, dall’assenza di governance. Non il mercato, ma la speculazione era diventata più forte dei governi, a loro volta speculatori, ed ora il sistema crolla. Se ne esce con più Stato, nel senso di regole certe e controlli severi, e più mercato, nel senso di maggiore rispetto e libertà per i produttori di ricchezza.

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