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Politica cassata

L’attesa della cassazione è il miglior collante che ha fin qui tenuto assieme i cocci del governo. E’ interesse del governo, della maggioranza e di chi l’ha costruita (leggi l’uomo del Colle) che si frapponga quanto più tempo possibile prima che la sentenza sia letta. Ben oltre mercoledì, se possibile. L’interesse dell’imputato è opposto. Infine: tutti fanno finta di chiedersi cosa succederà in caso la condanna sia confermata, teorizzando la crisi ed escludendola a parole, mentre è forse vero il contrario: nel caso sia cassata emergerà il vuoto politico che la circonda. Non un buon viatico per la stabilità.

Il clima che s’è respirato, per settimane, è da capovolgimento leopardiano: la quiete prima della tempesta. Siccome incombe la sentenza, il resto rimane immobile. Quindi cominciamo da qui: comunque vadano le cose è escluso che si possano passare ancora settimane a parlare del nulla, perché tali sono l’Imu sulla prima casa e un punto di Iva. Andava bene per ingannare l’attesa, ma non serve a ingannare la realtà. Comunque vada, l’Italia ha bisogno di essere guidata all’uscita dalla crisi, non di essere capitanata da gente che guarda in fondo al tunnel e vede luci che non si sa se siano lucciole o lanterne. La cassazione ha aiutato tutti a distrarsi. Ed ha funzionato così bene che è interesse diffuso che la distrazione continui, rinviando e rinviando. Le cronache la dipingono come una volontà dell’imputato, o della sua difesa, ma per loro vale l’opposto: più passa il tempo, più si fanno dibattiti su cosa succederebbe in caso di conferma della condanna, più quell’ipotesi viene presa in considerazione e più ci si abitua. Il tempo non lavora a stemperare il valore dell’accoglimento (del ricorso), ma quello del rigetto. L’imputato è anche un capo politico e il sovrapporsi delle due cose porta più fortuna al secondo che al primo.

Che succede, poi? Poi credo che il processo penale non si chiuderà, che il ricorso sarà accolto e che la politica avrà un tempo supplementare, per cercare di rimediare. Ma lo sprecherà. Anche quello. Perché finita l’attesa arriverà la tempesta, non dovuta alla sentenza ma al precipitare dei tanti problemi solo rinviati. Il Pdl non mollerà un capello su questioni di bandiera, come l’Imu. Il Pd non potrà deglutire la vittoria giudiziaria dell’avversario senza ricordargli che altri procedimenti sono in corso e senza provare a impedirgli vittorie simboliche. Nel frattempo Pdl & Pd continueranno a ripetere che mai e poi mai si dovrà aumentare l’Iva, dando l’impressione che il caldo li abbia disorientati: con chi stanno parlando? a chi si rivolgono? chi non deve aumentare l’Iva, posto che il governo sono loro?

Se la condanna fosse confermata l’emergere di questi problemi sarebbe considerato un gesto di rabbia e rivalsa, messo in atto da un centro destra orbato del proprio leader. Ma se fosse cancellata, anche solo provvisoriamente, quei problemi tornerebbero a galla in omaggio alla legge di Archimede, per forza naturale, per ovvia prevalenza dei fatti sulle chiacchiere. Fin qui il collante è stata l’attesa. Dopo la sentenza potrebbe funzionare il ricatto della responsabilità, in caso negativo per l’imputato. Ma in caso positivo, cosa mai s’obietterebbe alla necessità di avere un governo governante e non dei governanti badanti? Per questo tutti sono così interessati a prendere tempo, perché più in avanti si lancia la palla e meno resta il tempo per restituire la parola agli italiani. Salvo che, a forza di calciarla con lo scopo di non giocarla, anche la palla si perde nel nulla. Sono i problemi che, invece, nel nulla s’ingigantiscono.

Pubblicato da Libero

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