A proposito del processo, attualmente in corso, a Slobodan Milosevic ho già manifestato, da queste pagine, molte perplessità, con riferimento alla fondatezza e legittimità del Tribunale Penale Internazionale.
A quelle aggiungo alcune osservazioni, ancor meno confortanti, nel merito.
La procuratrice Carla Del Ponte ha voluto sottolineare, con molta forza, che sarebbe un grave errore cercare una qualche motivazione ideologica nelle azioni di Milosevic: egli avrebbe agito solo e soltanto per sete di potere. Ma è una tesi senza senso, intanto perché la “sete di potere” non è un crimine, né un movente che peggiora il crimine. Milosevic è un criminale, e non meno criminale è il disegno politico che si era messo in testa di realizzare. Se alle sue azioni si toglie valore politico non si capisce perché fare un processo a lui e non ai carnefici che misero in atto la pulizia etnica. E, poi, perché il rappresentante dell’accusa sente così forte il bisogno di togliere a Milosevic qualsiasi identificazione politica o ideale?
Ideale, intendiamoci, può essere anche il razzismo. Pessimo ideale, ma pur sempre ideale. E, difatti, se Milosevic fosse stato un seguace di Hitler, se avesse coltivato l’incubo della razza ariana, statene sicuri, la signora Del Ponte non avrebbe mancato di rinfacciargli un così nefando padre. Ma Milosevic non fu un nazista, Milosevic fu un comunista. E qui le cose si complicano.
Gli epigoni nazifascisti hanno da tempo abbandonato la scena, ma come si fa a tenere sul banco degli accusati un assassino seguace del comunismo senza mettergli a fianco tutti i colleghi? Come si fa a processare Milosevic nel mentre si fa passare lo sterminio dei ceceni come una sana operazione contro il terrorismo? Come si fa a sostenere l’accusa contro Milosevic, evitando di sollevarla per le faccende tibetane? Come si fa a chiedere la condanna di Milosevic, dopo essere stati ad un ricevimento in onore di Castro? E potrei continuare a lungo. Con il che non si dimostra affatto che Slobo sia innocente, ma che la tesi della Del Ponte ha un senso solo e soltanto se è una tesi politica, e che, come la politica, abbia il coraggio di discernere fra amici e nemici, seguendo non la logica del diritto, ma quella della forza. Questo può farsi in un Tribunale? Solo a patto che sia un falso Tribunale.
Di tutto si sentiva il bisogno, tranne che di offrire a Milosevic una qualche ragione con la quale coprire la sua politica criminale.