Politica

Politica, soldi e 19 gennaio

Non c’è nulla, nella commistione fra affari e politica, oggi, che possa essere paragonato a quel che accadeva ieri, appena ieri. Nulla. Sono questioni radicalmente diverse, perché diversa è la realtà politica in cui si svolgono. Quella di ieri fu una questione politica, schiettamente politica. Quella di oggi, al più, può essere, forse, una faccenda criminale con conseguenze politiche.

Il 19 gennaio 2000, con la morte di Bettino Craxi, la storia piantò uno di quegli arbitrari paletti che ne individuano il percorso. Del Craxi uomo politico e di Stato si è potuto, si può e si potrà discutere nel modo più libero ed aperto. Il tempo affievolisce le passioni, ciascuna scelta ed ogni suo agire possono essere valutati senza pregiudiziale, positiva o negativa, di bandiera. Sono convinto che il bilancio complessivo sia largamente attivo, credo che a lui e a Spadolini l’Italia e l’Europa debbano il coraggio con cui favorirono lo schieramento degli euromissili, ma, lo ripeto, ogni diversa opinione è lecita, se correttamente argomentata. Craxi, però, fu anche qualche cosa di diverso, che non può e non deve essere dimenticato: fu il demone da abbattere, il cinghialone da scannare, il ladro da mettere in ceppi. Capire il perché di questo è indispensabile per comprendere l’Italia e la sua realtà politica.

L’Italia è inseguita da una maledizione, frutto dell’estrema debolezza della sua classe dirigente, ovvero dalla necessità di porre una bugia a fondamento delle trasformazioni. La nostra Repubblica si fonda su una bugia. Una bugia condivisa, una bugia opportuna, una bugia che fu la vera sostanza dell'”arco costituzionale”, ma pur sempre una bugia. La bugia consisté nel sostenere che l’Italia nata dopo il 25 aprile 1945 non aveva rapporti di parentela con quella fascista. Si trattava di una nuova Italia, con nuovi partiti politici, sorta rompendo le catene della dittatura fascista.

Questa bugia aiutò la ricostruzione, e, prima ancora, stabilizzò un Paese dove la guerra fredda poteva divenire guerra civile (ed in alcune zone effettivamente lo fu). Strutturò un sistema politico al cui centro si trovava il Parlamento, in questo modo consegnando un potere notevole all’opposizione di sinistra. A quella stessa sinistra si lasciò il governo di intere zone del Paese, che, ancora oggi, con il massimo di inamovibilità, tiene in mano. Nella sinistra, caso unico in tutto il mondo libero, furono i comunisti ad essere la maggioranza, ad esercitare una guida egemonica. Contro la bugia originaria lavorarono uomini di prim’ordine, pagando prezzi salati ed un ostracismo accademico che non ne diminuì, anzi, il valore culturale. Un nome per tutti: Renzo De Felice.

Questa struttura, politica ed istituzionale, ha accompagnato lo sviluppo e la crescita della democrazia e dell’economia italiane. Ma si continuò sempre a pagare un tributo alla bugia, rendendo possibile quello che in altri Paesi era impossibile. Per tutti quegli anni, fino almeno al 1990, la più consistente forza della sinistra, il partito comunista italiano, fu nelle mani, politicamente e finanziariamente, dell’Unione Sovietica. E parliamo non solo di Togliatti e Longo, o Secchia, ma di Berlinguer, di Occhetto, di d’Alema, di Veltroni. Nulla di simile avvenne in Germania ed in Francia. Questa è la particolarità della storia italiana, non altre.

Non di meno l’Italia era una democrazia, dove si svolgevano libere e regolari elezioni. La concorrenza elettorale era vera, ed in quella s’esercitava la preponderante forza organizzativa ed il potere di suggestione popolare (favorito dalla bugia fondatrice) dei comunisti. Nelle file comuniste militarono uomini coraggiosi, onesti, saggi, militarono autentici esempi d’integrità e passione politica, com’è naturale fra gli elettori comunisti si trovava di tutto, e certo una forte convinzione democratica, ma non era questo il partito comunista italiano, il partito era una propaggine dell’internazionale comunista, ovvero di quella grande macchina che produceva fame e terrore. Il pci dipendeva dai soldi e dai voleri di Mosca, era un pericolo per la democrazia italiana ed un nemico del mondo libero. Sono parole, queste, che ancora oggi si fa fatica a pronunciare, come se la dittatura comunista fosse un tabù tuttora spaventevole. Ma la storia, i documenti, le testimonianze, sono tutti lì a parlare a quegli uomini che siano liberi dal dogma. Questa era la forza egemone nella sinistra italiana. Contro questa forza occorreva battersi elettoralmente, con le armi della dialettica e della convinzione.

Al giorno d’oggi la realtà è assai diversa, nessuna delle nostre forze politiche, oggi, dipende da una potenza nemica. Capita, oggi, che talora si senta dire, a sinistra: è vero, fu una giusta scelta quella del Patto Atlantico, fu giusto schierare gli euromissili; si sente dire che fu giusta la scelta del mercato comune europeo; si sente dire che fu giusto battersi contro la scala mobile. Ma, allora, condurre queste battaglie significava scontrarsi con la potentissima macchina comunista, una macchina talmente potente che ancora oggi i suoi ingranaggi continuano a funzionare, sebbene abbia perso la sua ragion d’essere ideologica.

Contro quella macchina si batterono in molti, dai democristiani ai repubblicani, dai liberali ai socialdemocratici, ed a ciascuno di loro la propaganda comunista diede del ladro, del corrotto, del venduto agli americani. Ma nessuno superò Craxi quale catalizzatore d’odio. Perché? Perché Craxi era parte della sinistra, e la dottrina leninista voleva che non si tollerasse l’esistenza di nemici a sinistra. Molti di quelli che odiavano Craxi non avevano mai letto Lenin, ma l’ignoranza della fonte non diminuiva la forza della direttiva: era stato così tante volte, dalla guerra di Spagna alla Resistenza, era stato così contro tutta la sinistra democratica, ed era ancora così: niente nemici a sinistra.

Oggi si sente dire: Craxi aveva ragione su molte cose (lo dice Fassino, lo dice d’Alema, lo dicono tanti che sperano di seppellire in fretta il passato), ma commise l’errore di allentare le briglie morali, di tollerare la crescita del malaffare. Ora, sia detto senza mezzi termini, fra i socialisti, ma anche fra i repubblicani, come fra i democristiani e così via, vi furono affaristi, profittatori, intascatori di mazzette, accumulatori di soldi da spendersi in lusso crasso e mercenario. Ma non ce ne furono più di quanti se ne trovassero e se ne trovino dentro altre famiglie politiche, comunisti compresi, e fuori dalla politica. Però, sia detto con altrettanta chiarezza, il finanziamento illecito della politica fu una necessità indotta dall’enorme forza economica dei comunisti, senza quel finanziamento la regolare partita democratica si sarebbe risolta a favore di chi campava con soldi sporchi di sangue.

Questa è la ragione per cui uomini come Ugo La Malfa potevano presentarsi e dire: i soldi li ho presi io, non cercatene ragione da Terrana (l’allora responsabile amministrativo del pri), il responsabile sono io. Questa è la ragione per cui Craxi poté alzarsi in Parlamento e dire parole di non smentita verità. Potevano farlo perché finanziavano la politica e la finanziavano per mantenere democratico il Paese. Questo non li assolve da nessuno degli errori che possono aver commesso, ma esclude che quel capitolo possa essere letto con gli occhiali della magistratura penale.

La battaglia politica democratica ed il suo finanziamento erano due facce della stessa medaglia. Senza quel finanziamento, senza la forza elettorale scaturente dalla capacità di raccogliere consenso, non ci sarebbe stato nulla di ciò che gli avversari di allora oggi riconoscono essere giusto. E’ chiaro? Ed aggiungo una cosa, parlando a titolo personale, della raccolta di fondi per finanziare la politica, senza che ci sia mai stato un solo episodio di corruzione, senza mai dimenticare la difesa degli interessi collettivi, le persone oneste possono essere orgogliose. Orgogliose.

Ed è questa consapevolezza e quell’orgoglio che c’impediscono di accettare una nuova bugia, quella secondo la quale, nel biennio ’92-’94, si sia colpita la corruzione politica, restituendo l’Italia all’onestà. Neanche per sogno. In quel biennio si colpirono le forze politiche che avevano fatto grande e libera l’Italia, e che poterono essere distrutte perché avevano commesso l’imperdonabile errore di non comprendere le conseguenze immediate della fine del dopoguerra, della fine della guerra fredda. La libertà non doveva più sopportare un costo aggiuntivo. Pagarono assai caro, quell’errore, ma non possono e non devono continuare a pagarlo concedendo tutto alla bugia, consegnando ai post comunisti, che fisicamente sono sempre gli stessi meno i morti per vecchiaia, un attestato di maggiore moralità che non meritano affatto.

Queste cose vanno dette, e vanno dette anche nella scomoda ricorrenza della morte di Bettino Craxi. Taluno crede di doverlo riabilitare, così recandogli ulteriore offesa postuma. No, di Craxi si possono avere i più diversi giudizi, ma politici. Per il resto, fra chi finanziò Solidarnosc, fra chi aiutò l’Olp di Arafat (scelta, questa, che non condivido), e chi usò i dollari sovietici per appoggiare tutte le dittature del mondo comunista, c’è un tale abisso morale che i secondi non potranno mai colmare.

Queste cose vanno dette perché l’Italia ha bisogno di una sinistra di governo, e gli uomini che furono comunisti si sono dimostrati incapaci, nella vittoria come nella sconfitta, di condurre a termine una riflessione libera e coraggiosa, gettando a mare una presuntuosa e spocchiosa diversità, che se esiste esiste in peggio, dedicandosi ad una progettualità di cui non si scorge neanche l’inizio. Vanno dette, queste cose, perché la sinistra non ha bisogno di vincere per battere Berlusconi, ma ha bisogno di essere forte per governare l’Italia. E non lo sarà mai fino a quando dovrà nascondere se stessa dietro le sottane di un boiardo democristiano.

Quel che accade oggi non ha nulla a che vedere con questo passato. C’è qualche manager delle cooperative rosse che intasca consulenze per cinquanta milioni di euro? se c’è qualche imbecille che ci crede, sono affari suoi, per il resto conto sul lavoro della magistratura. Parte di quei quattrini sono finiti alla politica? non lo so, vedremo, come vedremo se qualche banchiere maneggione ha versato soldi a parlamentari di destra o sinistra, di sopra o di sotto. Ma qualsiasi di queste cose siano successe, questa è una faccenda criminale, non una questione politica, nessuno dei protagonisti potrà mai dire di essersi trovato nelle condizioni in cui si trovarono le forze politiche che difesero la democrazia. I militanti politici sono una cosa, i furfanti cosa diversa.

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