Politica

Pressione fiscale e depressione politica

Il fisco italiano è ingiusto e sadomasochista. Esoso ed incapace di farsi rispettare. Abbiamo aliquote da esproprio proletario, ma poi si dichiarano redditi da proletariato di massa. A leggere le dichiarazioni relative al 2007, rese appena disponibili, si scopre che i ricchi non esistono, visto che solo lo 0,18% incassa più

di 200mila euro l’anno. Salvo che, guardandosi attorno, se ne incontrano pure troppi. I ricchi dichiarati, inoltre, sono quasi tutti lavoratori dipendenti o pensionati. Ridicolo.
Al tempo stesso, però, riformare il fisco non è facile. Perché navighiamo ancora sulle acque della recessione e abbiamo da onorare uno spaventoso debito pubblico. La drastica riduzione della pressione fiscale e la semplificazione delle aliquote, accorpandole a tre e fissando la più alta ad un terzo della ricchezza prodotta, era nel programma storico del centro destra. Il tema è stato meno sbandierato, nel corso dell’ultima campagna elettorale, evidentemente perché si era consapevoli delle difficoltà. Ma rimane un obiettivo, tanto che la legge finanziaria, presentata questa settimana, nel primo dei suoi tre articoli, stabilisce che: “Le maggiori disponibilità di finanza pubblica che si realizzassero nell’anno 2010 rispetto alle previsioni del Dpef sono destinate alla riduzione della pressione fiscale nei confronti delle famiglie con figli e dei percettori di reddito medio-basso, con priorità per i lavoratori dipendenti e pensionati”. Peccato sembri un brodino, per giunta al sapore di “vorrei ma non posso”.
Intanto, però, la pressione fiscale del 2009 si attesta al 43% del reddito prodotto, quindi cresce rispetto al 2008, quando era già un considerevole 42,8. Il record, assai negativo, lo raggiungemmo nel 1997, quando il governo Prodi impose l’eurotassa. Allora toccammo il 43,7, che, però, non è poi così straordinariamente diverso da quel che viviamo ancora oggi. Per questa ragione non è bastevole la promessa che le maggiori disponibilità future saranno utilizzate per alleggerire le tasse, giacché manca di ogni respiro programmatico, di ogni concretezza. E, del resto, la pressione del 2010 è prevista al 42,5. Che non solo non è una rivoluzione, ma non è quasi niente. A pagare sono i redditi conquistati con il lavoro, perché sulla rendita gravano molte meno tasse. L’effetto è la diseducazione di massa.
La pressione fiscale è il rapporto fra le tasse effettivamente versate e la ricchezza nazionale prodotta, il pil. Se il pil diminuisce, come adesso capita, la pressione fiscale aumenta anche se il gettito resta lo stesso, o addirittura diminuisce. E’ la nostra orrida realtà: maggiore pressione e meno soldi allo Stato. Un nodo scorsoio, dal quale è bene cavare la testa. Di più: ogni condono, se riesce, aumenta la pressione fiscale, giacché, giustamente, fa pagare le tasse su soldi che, altrimenti, sarebbero sfuggiti. I contribuenti onesti, però, osservano con disturbo i favori resi ai disonesti e devono essere compensati con un premio, con un alleggerimento. Invece anche lo scudo fiscale, che favorisce i capitali di chi può permettersi conti all’estero, non porterà giovamento, se non in termini di non aumento delle tasse. Troppo poco.
Tommaso Padoa Schioppa, ministro di Prodi, in un impeto di follia politica sostenne che pagare le tasse è bello. Roba strappalacrime e pernacchie, come se i soldi che scuciono a me servano solo e prevalentemente per curare gli infermi ed istruire gli ignoranti. Il guaio è che i nostri soldi alimentano anche la cassa da cui si pesca spesa corrente inutile ed aiuti per le industrie ricche, magari assegnandoli a chi li reclama con maggiore sostegno della stampa che possiede. Sicché si tornerà a dare soldi alla Fiat, i cui proprietari, nel frattempo, vogliono comprare una banca (Fideuram). E se anziché i miei ci mettessero i loro soldi, nell’azienda che possiedono?
Si faccia bene attenzione, perché questa è materia esplosiva. La crisi ha strappato le braghe a molti autonomi, professionisti e piccoli imprenditori. La ripresa potrà portare inflazione, mentre la sua attesa è scandita dal crescere dei disoccupati. Negli anni passati il reddito delle famiglie è cresciuto, ora potrebbe diminuire. Un fisco cieco ed arraffone è capace di nuocere alla collettività, ma sa essere micidiale con la classe politica che non riesca a maneggiarlo.

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