Politica

Previsioni elettorali

Sono un artigiano all’antica, non lavoro con i moderni strumenti della ricerca di mercato e del marketing, vado a naso. Ed a naso mi pare che domenica sera, quando si apriranno le urne, succederà poco. O molto, secondo i punti di vista. Capita sempre così: mano a mano che gli appuntamenti elettorali s’avvicinano la febbre sale, i candidati vengono travolti da insana follia, la politica comincia a pianificare i grandi sommovimenti.

Ma le elezioni europee sono un’amichevole di lusso (quanti elettori hanno un’idea, anche approssimativa, delle funzioni del Parlamento europeo? E quali proposte di politica europea hanno caratterizzato la campagna elettorale?). Mentre le elezioni amministrative di domenica prossima sono troppo poche, e troppo particolari per rappresentare un test convincente. Quando se ne parlerà al passato si dirà che queste elezioni non servirono a misurare i poli, ma a misurarsi dentro i poli. Se qualche conseguenza può esserci, dipenderà da queste competizioni interne. Vediamo nel dettaglio.

La maggioranza di governo è giunta alla scadenza elettorale assai indebolita. Indebolita per colpa propria. Molti elettori si sentono delusi, magari per ragioni opposte. Da una parte si voleva un segnale forte di governo dell’economia, dall’altro si contava che il centro destra avrebbe sciolto le briglie al merato. Delusi entrambi. Da una parte si voleva che il governo abbassasse le tasse, dall’altra che comprimesse il debito e le spese inutili. Delusi entrambi, con l’aggiunta di un autogol incredibile sul tema fiscale. Da una parte si voleva una riforma profonda della giustizia, dall’altra che cessasse il conflitto fra poteri. Delusi entrambi. Insomma, le cose non vanno bene. A pagare di più era candidato il partito di Berlusconi, Forza Italia. Ciò dipende dalla personalizzazione della politica. Si prenda, ad esempio, Alleanza Nazionale: non ha meriti maggiori ed ha le stesse responsabilità, perché mai dovrebbe mantenere i propri voti? Forse li unisce un collante diverso.

Il più promettente candidato al successo, all’inizio della campagna elettorale, sembrava dovesse essere il centro guidato da Casini e Follini. Ma lo slancio si è subito appannato, e la loro distinzione si è vista più sulla metodologia di governo, sul modo, che sulla sostanza, cioè sul cosa. Che ci sia un vasto elettorato interessato al bon ton legislativo è cosa da dimostrarsi.

Sul chiudersi della campagna elettorale, però, hanno pesato gli indubbi (indubbi comunque la si pensi) successi di Berlusconi in politica estera. Aggiungo che quei successi, come la posizione precedentemente assunta dal governo e coerentemente tenuta, mi fanno particolarmente piacere, visto che è questo il terreno sul quale più apprezzo l’importate lavoro svolto. Se l’elettorato ne terrà conto, ciò ridurrà lo svantaggio iniziale. Morale: nel centro destra i guai arrivano se la sconfitta colpisce le forze bizzose e disalinneate, come la Lega, o quelle necessitate ad alimentare la macchina del partito, come An; se, invece, perde solo Forza Italia, ed ove tale perdita non sia drammatica, non succede assolutamente niente.

Il centro sinistra, dal punto di vista politico, è messo in condizioni peggiori, in compenso sembra dotato di maggiore salute elettorale. Significa che: per tutta la campagna elettorale (a parte il possibile effetto degli ultimi giorni, di cui ho detto) è sembrato in vantaggio; ma questo vantaggio dipende da un triciclo assestato poco sopra il 30 per cento, alla cui sinistra cresce e si consolida un imponente 15 per ento. Se questo fosse il risultato sarebbero guai, perché consegnerebbe i vincitori elettorali nelle mani della propria sinistra, e, si sa, perché già lo abbiamo sperimentato, questo è il modo migliore per non riuscire a vincere le elezioni e non riuscire a governare. Se ne sono resi conto i Rutelli, i Prodi, gli Amato, da ultimo Veltroni che sul delicato tema della politica estera sono stati costretti a precipitose e non molto onorevoli ritirate, dopo timidi barlumi di lucidità.

A questo s’aggiunge una seconda questione: se i voti del triciclo superano, anche di poco, la somma dei voti raccolti dalle forze che lo compongono, allora, forse, può trovarsi l’energia per regolare i conti a sinistra e prepararsi a governare il Paese; ma se si rimane alla somma, o addirittura sotto, scoppiano i problemi fra i componenti, con un probabile vantaggio dei Ds sulla Margherita. Da qui alla decomposizione dell’alleanza il passo è breve, e sempre con una sinistra solida che incalza.

A sinistra, quindi, la cosa migliore che possa succedere è che il triciclo vinca, e se possibile stravinca. Ma è una prospettiva difficile, anche perché una parte di quanti pedalano non aspettano altro che liberarsi di Romano Prodi, il presunto leader. Comunque, se il triciclo non vince non succede niente, se vince si deve poi passare al regolamento dei conti a sinistra.

Come vedete, se non proprio un’amichevole di lusso, come prima le ho definite, le elezioni europee sono delle primarie di lusso: servono più alla messa a punto interna ai poli che alla disfinda fra questi. Ah, un’ultima cosa: gli italiani che non andranno a votare saranno molti, complice anche la demenziale innovazione del certificato elettorale. Nelle astenzioni si potrebbe leggere, come a me piacerebbe leggere, un senso di noia per il malo-bipolarismo. Ma c’è un problema: a parte i Paesi debuttanti, dove ci sarà comprensibile interesse ed entusiasmo, fra i veterani d’Europa l’Italia sarà il Paese ad avere le percentuali di voto più alte, il che toglierà fascino anche a questa interpretazione.

Vedremo quale sarà il risultato delle liste disalinneate, o dichiaratamente terziste. Desidero per queste un grande successo, ma dubito che accada. Ciò significherà che, dovendo superare il malo-bipolarismo, la strada da imboccarsi non è quella di un ritorno al passato, con il proporzionale che è proprio delle elezioni di domenica prossima.

Mi piace scrivere queste cose giovedì 10, perché giovedì prossimo non se ne parlerà più.

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