Napolitano e Prodi sembrano essere il Berlusconi che la sinistra detesta: negano il declino, invitano all’ottimismo, si avventurano in improbabili paralleli sportivi, straparlando di box e ripartenze. L’Italia perde velocità produttiva da molto tempo, ben oltre la gestione e, quindi, l’ipotetica responsabilità di un solo governo. Eppure la scena è sempre la stessa: se governa la destra secondo la sinistra si comincia a morire di fame già alla terza settimana; se governa la sinistra per la destra c’è un declino economico inesistente qualche mese prima. Il bipolarismo degli iettatori, o, se si preferisce, quello beota dei cuor contenti.
Prodi può fare i calcoli come gli pare e può spiegare che siamo ancora più ricchi degli spagnoli, ma non riuscirà mai a portare argomenti che neghino l’assoluta e solare evidenza: essendo l’Italia il Paese europeo che cresce con meno forza e velocità, gli altri, nel tempo, passeranno avanti. Non solo gli spagnoli, ma potenzialmente tutti. Non è vero, egli dice, perché siamo già tornati in pista ed andiamo come schegge. Ma in quale dato ha letto una simile indicazione? Perché, in realtà, e per restare sulla pista che tanto lo ha intrigato, siamo entro al box, con le ruote smontate ed i tecnici, o presunti tali, che litigano su quali mettere, quale benzina usare, e cos’altro fare. Abbiamo modificato la struttura delle pensioni, già troppo debolmente riformata nella scorsa legislatura, andando in direzione opposta al resto d’Europa. L’istruzione è fra le peggiori, e più costose, senza che si metta mano ad alcuna riforma. Il dato positivo dell’occupazione è un frutto della legge Biagi, che il governo dice di volere cambiare, come ha fatto con le pensioni. La tassazione resta forsennata ed il ministro dell’economia si vanta che una piccola parte di quel gettito finisce a far scendere il debito, il cui costo ci strangola. Le istituzioni politiche sono ferme e lo stesso Prodi campa (si fa per dire) alla giornata.
Non è che se torna la destra al governo tutto s’aggiusta, perché la spesa pubblica crebbe anche allora. Si tratta di portare in politica, e se possibile al governo, il linguaggio e lo stile della realtà, perché è allucinante questa campagna elettorale ininterrotta e di durata quindicennale, nel crescente disinteresse collettivo.