Politica

Proprio sicuri che sia il marciare l’errore di D’Alema?

I commenti sono unanimi : D’Alema ha fatto male, molto male, a sfilare, sabato scorso, nel corteo sindacale che protestava contro la politica, o, più precisamente, la non politica dell’occupazione. Dall’economista Dornbush in giù, tutti negano a D’Alema qualsiasi attenuante. Ebbene, tanto per cantar fuori dal coro, a me pare che in tutti questi giudizi si perda il vero nocciolo della questione.

Il gesto del segretario del PDS, infatti, non può essere giudicato dal punto di vista estetico. E le risatine abbondano sulla bocca degli sciocchi che dicono : sfilava contro se stesso, manifestava contro il governo che tiene in piedi. Il punto è un altro.

Il governo presieduto da Romano Prodi è già, da qualche tempo, in sostanziale crisi : annaspa sulle questioni importanti, latita sui problemi sociali, si lancia in sparate retorico-propagandistiche che, alla luce dei risultati, appaiono grottesche. Il primo punto politico, dunque, è che il governo vive in crisi. E nel corso di questa crisi i volenterosi vorrebbero : a) varare una manovra finanziaria di aggiustamento, vezzosamente detta “manovrina”; b) condurre a termine i lavori della Bicamerale, che ridisegnino il nostro assetto istituzionale e costituzionale; c) preparare la prossima legge finanziaria, in modo che giunga a compimento il già molte volte annunciato allineamento ai parametri economici europei.

Troppo. Davvero troppo.

D’Alema, però, non è il capo della maggioranza, ma solo il capo del partito di maggioranza, all’interno della maggioranza. Il resto della coalizione è variamente composto : si va da i neocomunisti ai democristiani che, una volta, si sarebbero trovati nella corrente Forze Nuove di Donatt Cattin. Sinistra democristiana e sinistra comunista, messe assieme, non hanno mai prodotto nulla di buono. Eppure, queste sono le forze che reggono Prodi, e che Prodi si guarda bene dal mollare. Anzi, desideroso di durare, non perde occasione per ingraziarsi il consenso di Bertinotti.

In questa situazione, D’Alema ha due strade : mantenere in piedi Prodi, riconfermando l’illusione maggioritaria in cui oggi vive l’Italia, ma rassegnandosi a rendere sterile, se non controproducente, la vittoria elettorale; oppure prendere atto che Prodi è cotto, che il maggioritario, così com’è, ha ballato un solo inverno, e fissare i punti programmatici sui quali aggregare un nuovo governo e, giocoforza, una diversa maggioranza.

Ecco, questo è il punto politico, questa la scelta che manderebbe a gargonzolare una finzione che, oramai, non riesce più neanche ad essere tale. E, naturalmente, questo problema politico non riguarda solo D’Alema, ma tutti i protagonisti (o che sperano di essere tali) della vita politica.

Insomma, non regge un accordo politico per la Bicamerale se, intanto, lo squilibrio di governo indebolisce il leader del partito di maggioranza. E’ evidente che se non si pone rimedio, riequilibrando il governo, tutto è destinato a trascinarsi in inconcludenti nervosismi. E più i nervosismi logorano ogni possibile intesa, più il Quirinale si mostra sereno ed aulico.

Sabato, D’Alema, ha solo sfidato il ridicolo. Le sfide vere, quelle serie, si deve ancora affrontarle.

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