Politica

Rai scaduta

Il caos innescato dall’inserimento del canone Rai nella bolletta elettrica era prevedibile e previsto, esattamente nei termini in cui s’è poi realizzato. Quel che non immaginavo, perché anche il senso dell’umorismo ha un limite, è che i soldi di quelle riscossioni arriveranno dopo che la concessione Rai sarà scaduta e ben prima che sia rinnovata. L’articolo 49 del testo unico regolante il mercato televisivo, approvato nel 2005, al primo comma stabilisce che: “La concessione del servizio pubblico generale radiotelevisivo è affidata, fino al 6 maggio 2016, alla Rai”. E poi? Poi basta. Sembrava lontana quella data, ora è domani. Nel 2013 il governo Letta disse che bisognava sbrigarsi ad avviare le procedure per il rinnovo. Ma non s’è fatto nulla. Ora il governo Renzi si chiede: quel termine è da considerarsi perentorio od ordinatorio? Detto in modo comprensibile: vale veramente o si fa finta di niente? Cribbio, nella legge c’è la data! Ergo: la proroga deve essere fatta per legge; le procedure per il rinnovo manco si conoscono; intanto il canone sarà in bolletta e i soldi saranno destinati al fu concessionario.

Come si fa a travestire tanta dabbenaggine e inadempienza nell’occasione per nuova propaganda? S’allestisce la commedia buffa della consultazione generale. Vogliono insediare, abbondantemente fuori tempo massimo e senza timore del ridicolo, delle commissioni di studio, tutte presiedute da personale della Rai, che avranno il compito di stabilire, nei diversi campi, cosa sia e debba essere il servizio pubblico. A quel punto si consultano una settantina di organizzazioni, variamente interessate al settore, ma soprattutto a dimostrare di esistere e avere una funzione. Ergo si mette l’insaccato on line, che fa sempre fico, e il popolo intero potrà esprimere un’opinione. Ove mai taluno del volgo voglia dire che indovinare il numero del pacco che contiene più soldi appartiene alla nobile tradizione delle riffe contradaiole, ma è complesso farlo rientrare fra i tratti distintivi del servizio pubblico, potrà farlo. Tanto non lo leggeranno. Ma la cosa più curiosa è che se per individuare le ragioni e le funzioni del servizio pubblico si deve organizzare un così vasto e inutile ambaradan, la sola cosa che se ne deduce è che, in effetti, nessuno lo sa.

Riassumendo: la concessione Rai scade il prossimo 6 maggio; non c’è alcuna possibilità che sia rinnovata in tempo, sicché si dovrà prorogarla; in effetti non dovrebbe neanche essere scontato che vada nuovamente alla Rai, altrimenti la legge è fessa e basterebbe non porre scadenza (ventennale oggi, decennale la si vuole per il futuro); l’approccio è di tipo assembleare, senza alcuno spazio per la trasparenza e la rendicontazione, quindi senza alcuna valutazione di qualità; nel frattempo, però, gli italiani saranno costretti a pagare il canone, il cui destinatario è scaduto, impegnandosi in una estenuante battaglia cartolare, ove abbiano l’ardire di sostenere che non debbono pagarlo o lo abbiano già pagato.

Se non lo vedessi non ci crederei. E anche vedendola, questa scena, ha del surreale.

Pubblicato da Libero

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