Joseph Ratzinger ha deciso di mettere ufficialmente piede nella campagna referendaria, e lo ha fatto dando la sua autorevole copertura alla linea scelta da Ruini e dalla conferenza episcopale italiana: il buon cattolico si asterrà dal votare. Torvo che sia un bene, che si debba plaudire alla scelta papale di non tacere. Non mi convince affatto la tesi di certo laicismo, secondo la quale questa sarebbe un’ingerenza della chiesa nelle faccende dello Stato.
Ma credo anche il pontefice si sia, in questo modo, predisposto all’ennesima sconfitta referendaria.
Hanno già perso due referendum, quello sul divorzio e quello sull’aborto. Tutti e due referendum voluti non dai laici, ma dal mondo cattolico. Due tentativi, due sconfitte. Nel secondo caso, sul tema dell’aborto, essendo coinvolti principi religiosi assai più consistenti ed evidenti di quelli che oggi si dibattono a proposito della fecondazione assistita. Per due volte, quindi, la cattolicità ha dovuto prendere atto della seguente alternativa: o i credenti sono una minoranza degli italiani, o buona parte dei credenti non segue le indicazioni di voto date dalle gerarchie ecclesiastiche. Propendo per questa seconda possibilità, che dimostra quanto i cattolici non possano non dirsi laici.
Il 12 giugno, però, non si va a votare su richiesta dei cattolici, bensì dei laici. Questo ha consentito a Ruini ritrovare un approccio tattico grazie al quale spera di potere cantare vittoria: proponiamo l’astensione, e speriamo che l’ignavia si mescoli alla fede. Ma le cose furbesche sono spesso dei boomerang. Appropriarsi dell’astensione è un espediente da politicanti: se propongo agli elettori di astenersi dalle prossime elezioni politiche, e poi vado in giro a dire di rappresentare il più grande partito d’Italia, mi prendono per eccentrico, se non per mentecatto. Quindi, in ogni caso, che il quorum sia conseguito o meno, dalla percentuale degli astenuti dovrà sottrarsi quella fisiologica, che nel caso dei referendum è sempre più alta. Diciamo, ad essere generosi, che dovrà sottrarsi fra il venti ed il trenta per cento. A questo si aggiunga che chi avrà votato lo avrà fatto dissentendo dalle indicazioni episcopali e, tirate le somme, la chiesa si troverà nuovamente in minoranza. Almeno, questa è la mia previsione.
Ciò nel merito, perché in quanto al metodo, Ratzinger ha fatto bene a parlare. Non è esecrabile ingerenza il suo appello a non frequentare le urne. Non è sacrilego un appello a non seguire i suggerimenti di chi canta messa.