Politica

Regole e giudizi

Il caos delle norme confonde i cittadini, ma non risparmia i giudici. Nel sovrapporsi e contraddirsi delle leggi nessuno è in grado di dire, prima, esattamente come ci si dovrebbe comportare, salvo ricorrere dopo, in tutti i gradi di giudizio. Il che vale anche per la materia elettorale. Il Consiglio di Stato a riammesso alla competizione varie liste, precedentemente escluse dai Tribunali amministrativi regionali (segnatamente quelli di Lazio e Lombardia). Posto che la democrazia ci guadagna, che la riammissione è un bene e che in questo modo la gara è più completa e leale, la domanda è: ma le regole ci sono o no? sono state violate o no? come è possibile che i giudici del Tar vedano una cosa e quelli del Consiglio di Stato un’altra? Sembrano curiosità quasi oziose, ma cercando le risposte si scoprono meraviglie.

Ogni caso è diverso, naturalmente, e ciascuno va conosciuto nella sua sostanza. Ne scelgo due, i più noti: la lista per Fassina sindaco, a Roma, e quella di Fratelli d’Italia, a Milano. La prima era stata esclusa dalla commissione elettorale, con decisione poi confermata dal Tar, perché alle autenticazioni delle firme necessarie per la presentazione mancava la data. E questo è un fatto certo: la data non c’è. Solo che, avverte il Consiglio di Stato, nessuna legge stabilisce che la presentazione è nulla se manca quella data, essendo rilevante solo il fatto che le firme siano depositate nei tempi utili, il che, in questo caso, è sicuramente avvenuto. Bene, me ne compiaccio. Ma se nessuna legge dice che deve esserci la data, come ha fatto il Tar a immaginarne l’esistenza? Non è così semplice, perché il Tar ha ragionato: non può esistere autentica di una firma, che sia fatta da un notaio o da un pubblico ufficiale, senza che sia apposta la data dell’autentica stessa, e siccome le date non ci sono le autentiche non sono valide. Il che, in effetti, è ragionevole. Sì, osservano al Consiglio di Stato, ma, insomma, perché essere così formalisti, quel che conta è la sostanza: le firme sono state presentate entro i termini, quindi le autentiche, sebbene senza data, sono state fatte entro i termini. Morale: giudici diversi non solo leggono leggi diverse, ma leggendo la medesima ne traggono conclusioni opposte.

A Milano è andata diversamente, perché la lista di Fratelli d’Italia mancava di una parte della documentazione (le dichiarazioni circa l’assenza di cause d’incandidabilità). La commissione lo ha rilevato e il Tar confermato: esclusi. No, dice il Consiglio di Stato: in effetti la documentazione era incompleta e l’integrazione è stata presentata quando i termini erano scaduti, ma ciò dipese dal fatto che la presentazione era stata fatta nelle mani del segretario comunale, il quale comunicò che era tutto a posto, il che impedì ai proponenti di integrare la documentazione entro le 24 ore successive, come pure la legge prevede. Quindi, essendoci una responsabilità della pubblica amministrazione non è corretto farne pagare il prezzo ai presentatori della lista. Anche in questo caso si tratta di una diversa lettura della medesima norma: il Tar vede un limite invalicabile, osserva che è stato superato ed esclude la lista; il Consiglio di Stato osserva esattamente le stesse cose, ma aggiunge che è sì stato superato, ma non per sola colpa dei proponenti. Il limite c’è, ma anche no. Dipende.

Si può accettare tutto (o quasi), ma se il giudici del Tar hanno sbagliato è bene ne siano anche responsabili. Non su un singolo caso, naturalmente, ma se continuano a essere smentiti è bene cambino mestiere. Se sbaglia il Consiglio di Stato (non smentibile, perché ultimo grado) è segno che il consesso antepone il ragionare politico a quello formale. Questioncella da non trascurare.

Ripeto: sono felice per le riammissioni, che giovano alla democrazia. Purtroppo si consolida l’impressione che le norme (mica solo queste) sono tutto fuorché chiare ed univoche. Il che, forse, ha una qualche relazione con il fiorire e moltiplicarsi dei falsi, proprio in materia di firme per la presentazione delle liste. Si ricordano casi di candidati che scoprono solo alla presentazione di non essere tali, il che rende impossibile la regolarità degli autografi raccolti, come anche di firme considerate autentiche (corredate di data), ma di persone inesistenti o ignare. L’opacità, e indeterminatezza della norma è sempre un’ottima premessa per il raggiro.

Pubblicato da Libero

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