Politica

Renzi e la sinistra che non c’è

Gentile Matteo Renzi, oggi lei chiarirà quel che intende fare. E come. I giornali commenteranno le sue parole soppesandone il valore interno al partito democratico e nei rapporti con il suo segretario. Sarà pure avvincente, ma è irrilevante. Il tema vero è un altro: c’è la possibilità che anche in Italia operi una sinistra democratica e razionale, non pregna di pregiudizi e ideologismi, capace di governare la contemporaneità e consapevole dei problemi reali? L’assenza di una tale sinistra, o, meglio, l’essere stata perennemente minoritaria nella sinistra stessa, è una delle cause d’arretratezza dell’Italia, rendendo la nostra vita politica collosa e odorosa, sfociante nell’inconcludenza. Non so se lei annuncerà di candidarsi alle primarie interne alla sinistra, sempre ammesso che le facciano, ma anche questo, mi perdoni, è un dettaglio. Per i riformisti, per quanti si sono rotti l’anima della sinistra che ondeggia al ritmo di “Berlusconi on my mind”, per gli italiani che non ne possono più di coalizioni incapaci di governare, quale che sia il loro colore, è più facile che un programma serio e netto vinca le elezioni generali che non la corsa interna ad apparati fatiscenti e autoreferenti. Vale a destra come a sinistra.

Lei c’è, nella sinistra, e credo stia operando bene. Se il lavoro non mi portasse, in questi giorni, all’altro capo del mondo, sarei venuto volentieri ad assaggiare l’aria che si respira a Firenze. Da figlio della sinistra democratica osservo che Silvio Berlusconi viene preso per le chiappe quando dice di battersi contro i comunisti. Ah ah ah, i comunisti. In nessun Paese d’Europa si fa campagna elettorale contro i comunisti. E’ vero, come anche che in nessuno di quei Paesi chi è stato comunista si candida a governare. Il problema c’è, ma non riguarda l’eventualità che arrivi il comunismo (quelli sono ricchi possidenti, col cavolo che vogliono il collettivismo), bensì che quella sinistra non abbia cultura di governo. E in gran parte non ne ha.

Prendiamo, ad esempio, la lettera inviata al governo italiano dalla Bce, come anche quella che il governo ha dovuto scrivere prima del vertice europeo: sono cose giuste, necessarie e urgenti. Una sinistra seria dice: voi non siete stati capaci di farlo, noi lo saremo, e le faremo avendo ben in mente la giustizia sociale. La stessa sinistra aggiunge: il welfare state non è una variabile indipendente. Se non rilanciamo lo sviluppo, elasticizzando il mercato, qualificando l’istruzione, abbattendo le barriere, cancellando il valore legale del titolo di studio e gli albi inutili, premiando i meritevoli e così via, ci scordiamo anche la solidarietà. Perché non ce la potremo permettere. La nostra sinistra dice: sono cose inaccettabili, diciamo di “no”. E’ fuori dal mondo reale.

La sinistra che non c’è sostiene: l’euro così non regge, l’Unione europea s’inabissa se non provvede immediatamente a correggere i difetti strutturali della moneta unica e la propria deficienza istituzionale. Solo dei pazzi possono pensare di esporre l’Italia al rischio d’essere stritolata dagli spread per potere meglio sostenere che il governo fa schifo. Se su questi temi non c’è comune sentire possiamo solo dedicarci alla guerra per bande. E, difatti, quella si vede.

Né potrà mai esistere una sinistra seria se colonizzata dal giustizialismo fascistoide che solo l’idiozia, la mancanza d’idee e la pochezza dei capi ha potuto far dilagare. Una sinistra che confonde il diritto con l’ossequio alla toga è la negazione di sé stessa. Quindi un vantaggio per i suoi avversari, da cui culturalmente si fa dominare ed elettoralmente fregare.

Queste non sono faccende generazionali. Si può essere innovatori stempiati e con il panciotto e reazionari con il jeansetto attillato e la scarpuzza pallinata. Dalle vostre parti si gioca una partita di cui potete essere protagonisti, ma che non vi appartiene in esclusiva. Alle delusioni s’è fatto il callo, speriamo possa andare in modo diverso.

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