Il problema non è quello di un ministro, ma di tutti i componenti del Consiglio. Del governo nella sua interezza. Il ministro Guidi avrebbe dovuto informare gli altri circa i propri legami privati? Teoria bislacca. Il tramonto del senso dello Stato e del rispetto delle sue istituzioni, accompagnato dalle tenebre di un dibattito pubblico che, come al solito, pende dalle inchieste giudiziarie e si scatena azzannando le prede più facili, porta a guardare nell’ombra, restando accecati alla luce. Scaricare la Guidi non è un modo per evitare guai, ma per cercarseli. Se ne sono accorti tardi.
Il maxi emendamento alla legge di stabilità fu elaborato e presentato dal governo, che su quello mise la fiducia. Il quel minestrone c’era di tutto, ma nessuna sua riga è un atto ministeriale, bensì una scelta del Consiglio dei ministri. Ecco cosa dice il secondo comma dell’articolo 95 della Costituzione: “I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri”. I componenti del governo possono pure immaginarsi al pari di una scolaresca in gita, continuando a chiamarsi per nome proprio, ma il punto non è cosa abbia detto Federica a Maria Elena, talché quest’ultima ha manifestato il suo accordo. Il punto è: quel testo è stato approvato da tutti, che ne sono responsabili. Sostenere, come ha fatto Matteo Renzi, che la firma del ministro Boschi è un “atto dovuto” è temerario. Nessuno è tenuto a far sì che i desideri di un ministro diventino volontà del governo. Nessuno è tenuto a porvi la fiducia. E lo ha fatto Renzi, non Boschi (almeno credo, o no?). Sostenere che quell’emendamento fosse giusto, come fa sempre Renzi, è serio e coerente. Almeno in quel caso non si sono astenuti, come provano a fare davanti al referendum del 17 aprile (singolare che gli interessi considerati buoni siano difesi fra i comma, ma abbandonati davanti agli elettori). Tutto, allora, si riduce alla telefonata?
Che il ministro Guidi, assegnata al ministero per lo sviluppo economico, avesse legami, familiari e non, con il mondo imprenditoriale, era arcinoto. Oltre che legittimo. Designandola si fece una scelta, consistente nel dare voce e ruolo alla sua esperienza confindustriale. Come quella di mettere altri in dicasteri non estranei alla loro attività professionale. Scelte legittime. Non è legittimo, invece, dire: doveva dirci con chi è fidanzata. A parte il ridicolo del linguaggio adolescenziale. Quelli erano e sono fatti suoi.
Su quel fronte non c’è alcun problema politico o istituzionale, sempre che l’emendamento sia da considerarsi buono e giusto. Sul lato rapporti personali il ministro Guidi ha commesso un grave errore, consistente nell’anticipare quella che sarebbe stata una scelta del governo. E’ grave perché consente a un terzo, estraneo al governo, di attivarsi per prendere il merito del codicillo. Che abbia monetizzato o meno, che sia o meno un reato, non tocca a noi accertarlo. Il forcaiolismo è un costume che non ci è solo estraneo, ma anche repellente. Ma neanche l’innocentismo ha cittadinanza, nel diritto. Qualcuno avverta Renzi che non tocca a lui stabilire se ci sono o meno reati, emettendo sentenze inappellabili. Fatto è che quando questi costumi si diffondono, non se ne avverte la perversione, il problema non è giudiziario, ma istituzionale e politico. Vale per le telefonate come per i messaggini dei finanzieri, come per i decreti varati in assenza di ministri in aperto conflitto d’interessi, ma preparati sui loro tavoli e con collegiale responsabilità.
Infine: l’emendamento del contendere si trova al comma 552 di una sterminata e illeggibile legge di stabilità, approvata in una botta sola, con un voto di fiducia. E’ scritto in modo che solo i diretti beneficiari possono riconoscervisi, restando oscuro a tutti gli altri. Quante volte abbiamo sentito sermoni sul fatto che non si può legiferare in questo modo, che i testi devono essere contenutisticamente coerenti e leggibili, che va bloccato il malcostume degli emendamenti salsiccia e delle fiducie a scatola chiusa? Il Quirinale farebbe bene, rompendo con il passato, a cessare di dolersi e fissare una condotta valida per tutti i governi. Non subordinata a considerazioni politiche che minano il prestigio costituzionale.
Pubblicato da Libero