Politica

Restando a Kabul

Non si può e non si deve andar via dall’Afghanistan, ma neanche si può restare così. La bomba di Kabul non pone il problema dell’attrezzatura e delle regole d’ingaggio, com’è capitato in altri casi, perché i nostri militari sono morti durante un servizio di scorta, mentre erano dentro dei blindati, percorrendo le

strade della capitale protetta fin dal 2001. Quello che si pone è un duplice problema: l’impossibilità di mollare la guerra contro il fondamentalismo islamico, che uccide anche fuori dall’Afghanistan, che sgozza anche in casa nostra, e il pericolo che si crei una frattura fra gli interessi statunitensi e quelli europei, come il ritiro dello scudo spaziale segnala. E’ a cavallo fra questi due temi che ci giochiamo pelle, sicurezza e soldi.
La missione Isaf (International Security Assistance Force) comincia nel 2001. Siamo all’indomani dell’attacco alle torri gemelle, gli americani hanno spodestato i talebani dal governo e si regge con lo sputo quello provvisorio di Hamid Karzai. Scopo della missione è proteggerlo, ma solo a Kabul, utilizzando la base aerea di Bagram. Successivamente, però, nell’ottobre del 2003, il Consiglio di sicurezza Onu allarga il mandato e lo riferisce a tutto l’Afghanistan, affidandone il comando alla Nato (organizzazione militare nata per la difesa dei Paesi membri dai possibili attacchi del blocco sovietico e comunista). E’ a questo punto che si crea un mai risolto equivoco: siamo lì per difendere la democrazia o per far fuori i talebani?
La democrazia afgana è ben misera e ridicola cosa. Karzai controlla a malapena se stesso ed è bene stendere un velo pietoso su quella roba che s’è voluta chiamare “elezioni”. In questo gli americani sono, talora, di un’ingenuità disarmante, come se bastasse piazzare degli scatoloni con la fessura per far credere che sono nati la libertà, lo Stato di diritto e la democrazia. Insomma, se lo scopo è quello di difendere Karzai, va a finire che in Afghanistan ci restiamo per secoli, oltre tutto divenendo sempre di più “truppe d’occupazione”, quindi non propriamente benvoluti. Allora andiamocene, concludono taluni. Sarebbe una follia, perché la mattina dopo prendono Karzai e lo fanno allo spiedo, cancellano dieci anni di guerra contro il fondamentalismo e riutilizzano il Paese quale base di lancio per la guerra da portare dentro casa nostra. A quel punto che facciamo, per salvarci, mandiamo le ronde in giro a prendere le ragazze islamiche che fanno petting, in modo da riportarle ai padri che le sgozzano in santa pace, con l’ignobile plauso delle loro madri?
Il tema da porre, in sede internazionale, è il seguente: più di 1400 ragazzi occidentali sono morti, mentre le vittime civili sono di gran lunga più numerose, a questo punto si parte con la caccia al talebano, con ogni mezzo, in ogni parte del Paese, chiedendo al Pakistan di partecipare e non tenere il piede in due scarpe. Obama, non a caso, divenendo presidente ha autorizzato molti attacchi (cosa che andrebbe segnalata alla sinistra che dava del guerrafondaio al predecessore). Ma, attenti, non dobbiamo lasciare che la scelta sia solo statunitense.
Se così andassero le cose, difatti, la tentazione americana sarebbe quella di trovare un punto d’equilibrio con i russi, senza neanche rompere troppo le scatole agli iraniani. Né gli uni né gli altri amano i talebani, anzi, li detestano: i russi perché ancora ricordano l’umiliante sconfitta, gli iraniani per ragioni religiose (fra pazzi, non s’intendono). Gli americani potrebbero proporre: fateci completare il lavoro, chiudiamo la partita ed arrivederci. Dopo di che saremmo noi eruopei, che pure abbiamo pagato la guerra in Afghanistan, a trarne l’immane fregatura di essere gli unici responsabili della nostra sicurezza. Per giunta in un momento in cui non abbiamo voglia di spendere un tallero in più per la difesa, e con potenziali avversari che corrono verso l’arma atomica. Sarebbe un disastro, il concretizzarsi del peggiore incubo successivo alla fine della guerra fredda (che per noi, sia detto fra parentesi, era un fastidio, ma anche una gran comodità).
Ecco perché non possiamo andare via, oltre che per il fatto che suonarle ai barbuti fanatici è giusto in sé. Ma ecco anche perché il nostro governo, come gli altri europei, deve cambiare il passo politico, nella gestione di questa faccenda. Viviamo giorni di lutto, ma la cosa peggiore sarebbe il lutto inutile.

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