Politica

Risanare la sanità

La sanità italiana è buona, l’amministrazione sanitaria no. In quanto a speranza di vita, quindi anche a bravura dei medici e prestazioni sanitarie, siamo fra i migliori. In quanto a conti fra i peggiori. Meglio non dimenticare che non esiste più un sistema sanitario nazionale e che cinque regioni sono commissariate e dieci costrette a piani di rientro. Come dire: i malati guariscono, ma la sanità s’ammala. La cura c’è: la Bortoletti version. Maurizio Bortoletti, colonnello dei carabinieri, giovane e dall’aria mite, è stato nominato commissario straordinario all’Asl di Salerno, con risultati davvero interessanti. Quel che segue può essere letto con divertimento e con speranza. Meglio aggiungere un po’ di rabbia.

L’Asl Napoli 1 annega oggi come Salerno un anno anno fa: farmacisti e  case di cura private non pagate dal 2009, assenza di un piano di rientro e di prospettive, infrastrutture allo sfascio, apparecchiature elettromedicali ferme agli anni ottanta (se va bene). L’Asl di Salerno è immensa: fatturato 1,6 miliardi di euro, 1,7 miliardi di perdita (iscritta a bilancio 31 dicembre 2010), perdita corrente complessiva superiore ai 600 milioni di euro, 9 mila dipendenti, 14 ospedali, 13 distretti, un milione di cittadini-clienti.

Questo bel quadretto s’accompagnava a: 1. caos amministrativo (nel 2010 ci sono 625 rilievi del collegio sindacale, non riscontrati, centinaia di delibere inviate alla Corte dei conti e la soppressione del controllo di gestione); 2. apparecchiature elettromedicali non inventariate; 3. situazione infrastrutturale drammatica, con la due diligence (investigazione amministrativa), avviata dopo la chiusura delle sale operatorie di Scafati, che ha stimato in 108 milioni di euro gli interventi immediatamente necessari e con tutti gli ospedali, tranne uno, non in regola con le normative vigenti; 4. sanatorie sistematiche di situazioni di fatto dopo la scadenza di contratti e delle proroghe per servizi essenziali; 5. apparecchiature acquisite da anni e abbandonate imballate o non collaudate o non regolarizzate.

La Bortoletti version porta, in pochi mesi, questi risultati: a. raggiunto l’equilibrio operativo; b. effettuati investimenti, i primi da anni, in infrastrutture e apparecchiature elettromedicali, per circa 8 milioni di euro complessivi; c. pagati regolarmente i fornitori della sanità privata, azzerando il contenzioso che prima gravava per 2 mila nuove procedure al mese e che era costato nel 2010 la cifra di 75 milioni di euro (soldi pubblici che andavano agli avvocati dei privati, cui è stato proposto: voi non fate azioni e noi usiamo quei soldi per pagare le aziende); d. pagati regolarmente, su base trimestrale, i fornitori, e su base mensile quelli che erogano servizi indifferibili e che vivono di rimborsi (118 e dialisi).

Come ha fatto? Non abbandonandosi all’imposizione draconiana della legalità e senza tagli lineari (non è etico penalizzare ancora chi già vive una situazione disperata). Praticando una piena condivisione con i sindaci, interpreti delle esigenze territoriali. Accompagnando e rassicurando i dirigenti, che non erano abituati alla responsabilità, avviando così una rialfabetizzazione dell’Azienda (sono state restituite ai dirigenti proponenti 382 delibere da correggere nei 9 mesi). Chiudendo il bancomat senza plafond e i rubinetti degli sprechi (concentrando gli sforzi sugli sprechi più grandi e non sui più facili e più facili da usare per la propaganda). Valorizzando il criterio gestionale del “buon padre di famiglia” da parte di tutti i dirigenti (esame consumi/magazzino), e usando la spending review per asciugare le procedure di spesa, come per la valorizzazione e rotazione del magazzino. Centralizzando progressivamente i processi di acquisto, con trasparenza totale. C’è riuscito, insomma, usando il buon senso e aprendo gli occhi.

E neanche ci voleva una vista particolare. Del materiale utile a ostetricia e ginecologia, in ottimo stato, è stato scoperto in un presidio, grazie a un ex dirigente medico in pensione che si occupa di volontariato e che era andato a verificare se vi era materiale fuori uso, da spedire in Africa. Il reparto era stato chiuso e trasferito in un altro presidio e lì erano rimasti: 2 incubatrici, un ecocardiografo, 2 aspiratori medico chirurgici, 2 cardiotocografi, 2 letti da parto, una fonte luminosa, un monitor.

In un sotterraneo abbandonato viene scoperta un’apparecchiatura radiologica trocostratigrafo con teleradiografo, dono degli australiani negli anni novanta dopo il terremoto, inutilizzata a causa del mancato stanziamento di circa 16 mila euro per installazione e sistemi di sicurezza per la stanza, recuperata in venti giorni e messa a disposizione.

Una società di leasing scrive al commissario, chiedendo che intenzioni abbiano per apparecchiature della cardiologia consegnate cinque anni prima e in attesa di collaudo. Si va a cercare e tutto era ancora imballato. Scoperto anche un defibrillatore imballato da anni, perché c’è stato un errore nell’ordine al momento dell’acquisto e mancavano batteria e piastre.

Dalle scoperte ai miracoli: un sindacalista segnala che la moglie aveva prenotato una mammografia, con 90 giorni di attesa. Chiamato il direttore del presidio, utilizzata la piena capacità operativa del reparto, messo il citato direttore a telefonare alle pazienti per riconvocarle, si è ridotta la lista di attesa a 4 giorni.

Mi fermo per ragioni di spazio, ma l’aneddotica è senza fine. Come la rabbia che prende all’idea che tutto questo sia stato possibile e che sia stato così “semplice” rimediare. Posto che Bortoletti è in scadenza è che non lo hanno minimamente aiutato, forse sarebbe il caso di chiamarlo a continuare. Per l’Italia, mica solo per Salerno.

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