Politica

Rivoluzionare il Sud

Senza soldi non si canta la messa, sosteneva la saggezza popolare. Ma il rito a base di quattrini, sperando sia acquistabile la beatitudine, spalanca le porte dell’inferno. Ogni investimento ha bisogno di sostegno finanziario, ogni sviluppo necessita di carburante, ma prima ci vogliono le idee e le capacità. L’onestà, oltre

tutto, non è un optional, ma la conseguenza dell’agire in nome di un interesse collettivo, non di un tornaconto asfittico. Il Sud, insomma, non ha bisogno di una nuova Cassa per il Mezzogiorno, che fece del bene accompagnandolo a tanto spreco, ma di una Costituente. Prima d’essere rifinanziato, il Sud va ripensato.
Torna utile l’esempio delle università. E’ giusto finanziare maggiormente chi è più produttivo e meglio amministrato. La scelta del governo merita il plauso. Ma, subito dopo l’entusiasmo, si passa al dubbio: i fondi così spartiti sono solo una piccola parte della spesa universitaria, ed il giudizio di produttività non è dato dal mercato, bensì da una commissione. L’innovazione, insomma, è poca cosa, per giunta gracile. Nel giro di poco tempo si tornerà all’andazzo precedente, con una spesa alta per una qualità infima. Allora tanto vale fare il salto culturale, cancellando il valore legale del titolo di studio, mettendo in competizione fra loro le università, detassando l’investimento delle famiglie e le donazioni. A quel punto, dovendo spendere soldi miei, nell’interesse dei miei figli, starò molto attento a non pagare lo stipendio all’amante del rettore. Vale anche per il Sud: il mercato ha criteri valutativi talora rozzi, ma meno esposti alla corruzione, meno disponibili alle camarille.
I soldi che vengono da fuori, dalla fiscalità generale per non parlare dell’Europa, scatenano una gara all’accaparramento. Il bottino si divide in gran ricchezza per pochi e clientelismo per molti. Il risultato è minore sviluppo per tutti. Se i soldi fossero tradotti in regime fiscale di favore se ne gioverebbe solo chi crea lavoro e ricchezza. Chi vince le gare d’appalto e manco apre i cantieri non vedrebbe un tallero. Il compito delle amministrazioni locali sarebbe quello di facilitare gli investimenti produttivi, in caso contrario impoverendo le proprie casse. Serve una rivoluzione culturale, non un fondo che nasce perduto e diviene di perdizione.

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