Politica

Rutelli e l’Iraq

Francesco Rutelli torna a parlare di Iraq, e lo fa con parole sagge, che è bene mettere in rilievo. Fra qualche giorno quel che resta di ragionevole, poco, nel nostro dibattito politico, sarà inghiottito dal gorgo delle elezioni europee, ma ciò che succede in Iraq non seguirà i tempi ed i capricci della campagna elettorale. Proprio per questo le parole di Rutelli sono importanti.

Egli sostiene: a. ritirarsi dall’Iraq, seguendo l’esempio spagnolo, sarebbe del tutto dissennato, sia per quel che succederebbe in quel Paese, sia per le ripercussioni sulla dignità del nostro; b. ribadendo la scelta di restare l’Italia aumenta il suo peso nei confronti degli Stati Uniti e deve mettere a frutto questa sua maggiore importanza. Due cose entrambe condivisibili.
La prima, relativa alla scelta di restare in Iraq, spacca la sinistra, dove sono presenti forze, tutt’altro che irrilevanti, che premono per un immediato ritiro. Il segretario dei ds, e portavoce del listone unitario, Pietro Fassino, ha mostrato di non essere del tutto saldo sulle sue posizioni politiche (simili a quelle di Rutelli) e di subire fortemente il condizionamento di chi non resiste al fascino dell’antiamericanismo. Ragione di più per offrire a Rutelli una sponda di serietà e di dialogo.
La seconda cosa, relativa alla migliore posizione negoziale dell’Italia verso gli Stati Uniti, dovrebbe essere colta, dalla maggioranza, come una pepita d’oro, specie alla vigilia dell’arrivo di Bush. Il guaio, però, è che il nostro bipolarismo smandrappato, il nostro maggioritario da burletta, finisce con il premiare, da una parte e dall’altra, chi spreca le occasioni di dialogo e convergenza, buttandosi a corpo morto su tutte le ragioni di rissa e polemica.
Così a destra si rimprovererà a Rutelli di rimanere al fianco di comunisti, no global e pacifisti vari; mentre a sinistra si rimprovererà al governo l’originaria scelta di schierarsi al fianco degli americani, mettendo piede sul martoriato territorio iracheno.
Certo, sono gli uomini a fare la storia, non certo i meccanismi istituzionali, anch’essi frutto della volontà umana. Ma, anche in questa crisi, anche in questa dura pagina di politica internazionale, si dimostra che, al di là della stoffa degli uomini, è il nostro sistema istituzionale a perdere colpi. Chi fa politica dovrebbe sapere che a questa priorità non si sfugge, giacché la situazione non cambierebbe se le parti fossero invertite.

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