Politica

Sadismo ferroviario

Abbiamo appena fatto una buona figura internazionale e si registra qualche segnale di ripresa economica. Due condizioni che suggeriscono, a certo sindacalismo, l’opportunità di confermarsi inutile (per i lavoratori) e dannoso (per i cittadini), bloccando i treni. Così, se qualche delegazione straniera s’è fermata, per godersi qualche ora di luglio in Italia, come, del resto, i molti connazionali che si spostano per vacanza o per bisogno, tutti quanti potranno assaporare il gusto sadico di un sindacalismo che non sa far altro che bloccare gli altri. E dato che lo sciopero è stato indetto da due sindacati autonomi, andrà a finire che i treni fermi saranno pochi, ma il timore di essere fra gli sfortunati avrà indotto molti passeggeri a rinunciare, facendoci progredire sulla strada che ci rende più poveri e meno liberi.
A ciò si aggiunga che lo sciopero, come quasi tutti gli altri, tende a dar forza alle sigle che lo promuovono, le quali misurano la riuscita in ragione del numero di cittadini presi in ostaggio. Cittadini che, ora come quasi sempre, neanche sanno perché sono finiti in trappola, giacché pochi segreti sono meglio custoditi di quelli relativi ai motivi delle agitazioni sindacali. Tutte ragioni che, per rispetto dei lavoratori e dei cittadini, cioè sempre delle stesse persone, a seconda che siano soggetto od oggetto dello sciopero, si dovrebbero proibire certe forme di protesta. Esatto, proibire. Perché è vero che il diritto di sciopero è tutelato dalla Costituzione, ma è anche vero che in quella Carta c’è scritto che i sindacati devono essere regolati e ne deve essere misurata la rappresentatività, invece di quei precetti ci s’è fatti beffe, e basta avere una sigla per essere autorizzati ad accanirsi sugli inermi.
Immaginando che queste righe possano finire in mano, questa mattina, a qualcuno rimasto seduto in sala d’aspetto, desidero fargli giungere due messaggi. Il primo: solidarizzo con la sua sventura domenicale, detestando questo modo di tradire la difesa dei lavoratori. Il secondo: chi ha indetto lo sciopero pretende di farci credere che lo abbia fatto per promuovere la sicurezza dei treni, mentre, in realtà, non digerisce l’idea che il macchinista sia uno anziché due. Quest’ultima decisione, giusta, è stata presa da chi guida le Ferrovie, vale a dire un sindacalista della Cgil. Per aggiungere patos ad uno sciopero le cui ragioni sono da cercarsi nello scontro fra diverse sigle sindacali, non hanno risparmiato la citazione della tragedia di Viareggio, che con la questione del macchinista unico non c’entra nulla. E questa è, con tutto il rispetto per gli animali, una condotta da avvoltoi.
I problemi della sicurezza nei trasporti, ferroviari e non solo, esistono, naturalmente, e sono seri. Ma se c’è un modo per non affrontarli, limitandosi a strumentalizzarli per conquistarsi un posto privilegiato nelle trattative aziendali, è proprio quello che questi sindacati hanno adottato.
Quando il sole sarà tramontato, e questa pagina di giornale sarà divenuta utile per incartare le uova (non voglio pensare ad altro), anche l’odierno episodio di sadismo sindacale sarà passato e dimenticato. Siccome, però, il calendario viaggia inesorabile verso la stagione delle più intense agitazioni, faccio una proposta, che i sindacalisti veri, seri ed onesti dovrebbero accogliere con gioia: introduciamo della sana trasparenza anche in questo mondo di sigle sconosciute, facciamo quello che il garante degli scioperi non è in grado di fare (a proposito, incombe il rinnovo di quell’organismo, e sarebbe bello vederci qualcuno che sa quel che dice, non solo chi deve essere sistemato). In pratica: ciascuna sigla sindacale s’impegni a pubblicare, utilizzando internet, quindi gratis, la propria identità, oltre al numero ed alla distribuzione dei propri iscritti. Così, tanto per sapere se parlano a nome proprio o di qualche lavoratore vero. Inoltre: quando s’indice una protesta se ne sottopongano a dibattito pubblico, sempre in rete, i contenuti e le modalità. I cittadini, così, saprebbero “chi” ha chiesto “cosa” e “perché”. Non è poco.
Diranno che è una proposta provocatoria, ed è vero. Quel mondo vive grazie all’opacità.

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