Ma quale vento dell’estremismo sinistro! A determinare la sconfitta del centro destra è stato lo sbuffo dei moderati. Stiano attenti, però, quelli che oggi discettano degli errori di Silvio Berlusconi, spesso essendone l’incarnazione, perché nessuno può dire come sarebbe andata se egli non avesse, al solito, drammatizzato e personalizzato lo scontro, e, in ogni caso, con quel sistema s’è battuto l’annunciato astensionismo di massa, che non c’è stato. Il punto è che più passa il tempo più hanno spazio pubblico degli esaltati che tentano l’imitazione del loro capo, con il risultato di ridicolizzare tutti e indispettire gli elettori. Arroganza più insipienza, un cocktail che non si manda giù.
Mesi e mesi impegnati a discutere di mutande non passano senza lasciare traccia, eppure il protagonista di quella discutibile condotta è riuscito a farne un racconto pubblico percorribile, se non proprio credibile. Ma basta che uno della squadra s’abbandoni a una battuta da caserma che subito si da l’impressione d’una compagine di satiri rintronati. Anni d’assalti giudiziari avvelenano il dibattito pubblico, e se dalle procure si può sostenere che si è organici alla mafia è naturale che la risposta non sia esattamente nei toni della reciproca stima. Ed è giusto che si risponda. Ma se poi si mette in scena l’esibizionismo alticcio e straparlante di chi sgomita per un’inquadratura, allora prende corpo un effetto fastidiosissimo. E la colpa, si badi bene e lo si rammenti, non è dei pierini petulanti, perché quelli si potrebbe facilmente rimetterli a posto, ma di chi non ha creduto, per anni e anni, che la battaglia per una giustizia giusta si possa farla nel nome di tutti e nell’interesse di tutti. Noi, che quella battaglia la combattiamo ogni giorno, siamo accusati dai giustizialisti (spesso fascisti che stanno a sinistra) d’essere servi degli inquisiti, nel mentre parliamo senza che uno straccio di classe dirigente, a destra e a sinistra, sopra e sotto, riesca neanche a capire. Per loro conta solo Berlusconi. Pro o contro, questione di gusti e rendite.
Scrissi che la campagna elettorale la stava facendo da solo e che, quindi, ne sarebbe stato il vincitore. Confermo, giacché anche allora misi nel conto la sconfitta, che si sarebbe procurato da solo. Eccola. Infatti, dalle urne amministrative esce sconfitta la destra senza che vinca la sinistra ed esce sconfitto il bipolarismo senza che vinca il terzo polo. L’intero sistema berlusconicentrico vacilla, perché l’affievolimento dell’attrazione elettoralgravitazionale lascia sfuggire i pianeti che ruotavano nelle sue orbite. Opposizione compresa. Se Milano è il simbolo dell’implosione nel centro destra, Napoli è il monumento alla cancellazione del centro sinistra. I poli si consumano nel saltare dei loro equilibri interni e nel crescere delle liste beffarde e oltranziste. Per ora viene giù il cornicione, ma è l’edificio bipolare che non regge, senza urgenti restauri.
Forse, oggi, i leghisti (e non solo loro) potrebbero rileggere le cose che sostenevamo, considerando necessaria l’interruzione anticipata della legislatura. E tutti dovremmo valutare gli effetti demolitori dei mesi passati. Assecondando l’idea che ogni mezzo è buono pur di far cadere Berlusconi, la sinistra s’è consegnata nelle mani di alleati che, in un sistema ben ordinato, siederebbero all’estrema destra, se non proprio fuori dal consesso civile. Complimenti. Ma resistendo ad ogni costo, scambiando la permanenza con la stabilità, il centro destra ha pagato prezzi enormi di credibilità. La Lega ha visto mettere fuori gioco la propria campagna di ponderata moderazione, perché l’appoggio ai rimpasti a capocchia e agli arruolamenti mercenari rende vane le parole. Pacate o agitate che siano.
Affidarsi alle formulette del politichese non serve a niente. Dire che il vincitore delle urne è Giorgio Napolitano e che s’è spianata la strada ad un governo presieduto da Giulio Tremonti è vaniloquio. Pensare di compensare una campagna elettorale ansiogena alleandosi con i centristi, intendendo per tali i terzopolisti vaganti, è pensiero malandrino e inutile. Quello è il tema delle prossime elezioni politiche. I protagonisti della politica non mi paiono capaci di grandi disegni, provino, allora, con qualche piccolo accorgimento: le persone ragionevoli, a destra e a sinistra, affermino subito che, in caso di crisi di governo, non esiste altra strada che le elezioni. Sarebbe un gesto saggio, liberando tutti dal produrre e trangugiare veleni. Conviene alla destra, che non continuerebbe a massacrarsi, e conviene alla sinistra, che vedrebbe avvicinarsi le urne. Non conviene a esagitati, profittatori e avvoltoi. E sai che dispiacere.
Si cominci con il ripristinare lo stile, che nella vita pubblica, come in quella privata, è anche sostanza. A tal proposito, avrei un suggerimento per Giuliano Pisapia e per Letizia Moratti (cui mi onoro di destinare la mia amicizia). Il primo farebbe bene ad annunciare che, comunque vadano le cose, non avvierà alcuna azione legale. Delle battaglie politiche proseguite in tribunale e dei processi che diventano battaglie politiche ne abbiamo piene le tasche. La seconda farebbe bene a ricordare che il suo sfidante non fece il ministro della giustizia (in un governo di sinistra) perché bruciato da un veto dell’Associazione Nazionale Magistrati e che essersi conservati garantisti, in questa sinistra, è un titolo di merito, che gli va riconosciuto. Poi, siccome gli elettori votano su chi deve fare il sindaco di Milano, si parli di quel che li riguarda. A me, in tal senso, dispiace non essere milanese. Per tanti motivi, il più urgente dei quali è non potere votare per Letizia.