Il governo si è reso responsabile di una grave invasione di campo, le cui conseguenze sono pericolose e arrecano danno agli interessi italiani. Lo ha fatto consapevolmente, visto che in Consiglio dei ministri s’era avvertito dell’errore. L’uso improprio del golden power per fermare l’iniziativa di Unicredit è un precedente tossico, rispetto al quale le imprese italiane e Confindustria dovrebbero sentire il bisogno di far suonare un allarme.
Il problema posto da Antonio Tajani, vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, è insuperabile: manca la base giuridica per ricorrere all’esercizio del golden power. Poi non ha ritenuto d’essere conseguente, ma è altro aspetto e quell’osservazione resta a verbale. Se ha ragione, come credo, ogni altra considerazione passa in secondo piano, perché si tratterebbe di una scelta illegittima. Se ha ragione, del resto, non si vede come poi possa accettare che un atto illegittimo sia compiuto, sol perché ne ha ottenuto alcune modifiche, relative a una questione rilevante ma secondaria, ovvero i tempi d’uscita dal mercato russo. Questione che apre un altro pericoloso fronte, perché è evidente che le sanzioni valgono con o senza le ultime iniziative della banca e valgono per tutti, sicché proprio non si vede come si possa occuparsene solo in una modalità che appare ritorsiva. Se ha torto, come non credo, non si vede come il resto dell’esecutivo possa superare a maggioranza il fatto che una sua componente essenziale ha appena finito di segnalare l’illiceità di un provvedimento che ha conseguenze di mercato. In condizioni di normalità istituzionale una rottura di questo tipo, con quegli argomenti, porta alla crisi di governo.
Ma c’è dell’altro, a peggiorare il quadro. Sono in corso tre offerte pubbliche di scambio, tre scalate bancarie: Monte dei Pachi di Siena su Mediobanca (con sullo sfondo gli equilibri in Generali); Bper sulla Popolare di Sondrio; e Unicredit su Banco Bpm. Perché il governo interviene solo sulla terza? In che cosa ravvede un “interesse nazionale” che la diversifichi e che superi le altre? Così dando copertura e legittimità all’avversione del governo tedesco a una scalata del medesimo protagonista, in territorio teutonico.
Il governo non ha fermato l’operazione, ma posto quattro condizioni, una peggio dell’altra: 1. per 5 anni non ridurre il rapporto fra depositi ed impieghi praticato da Bpm; 2. non ridurre il portafoglio di project finance; 3. non ridurre gli investimenti in titoli italiani; 4. entro 9 mesi cessare tutte le attività in Russia. Della quarta condizione ho già detto, le altre rientrano nel cuore dell’attività imprenditoriale bancaria. Lo scopo credo sia di indurre Unicredit a rinunciare alla sua offerta, ma mettiamo accetti le condizioni (Confindustria ha niente da dire sul precedente? Per l’Associazione bancaria è tutto a posto?) e che domani si ritrovi con portafogli vincolati e in perdita, sia per la banca che per i risparmiatori che le hanno affidato i loro risparmi, chi paga per le perdite? Sappiamo che investire i propri risparmi significa inseguire una possibilità di guadagno, mettendo in conto il rischio di una perdita, ma nessuno di noi accetterebbe un passaggio su una macchina il cui pilota, per 5 anni, non può usare più di tanto il volante. E se sono a bordo voglio scendere subito.
Forse il governo pensa che quelle condizioni servano a tutelare gli interessi italiani, ma è solare che ciascuna comporta un danno collettivo. Gli investitori internazionali continueranno a valutare le interessanti opportunità del mercato italiano, ma metteranno nel conto anche che qui un governo può intervenire direttamente nelle scelte dell’impresa e stabilire quale ne sia la convenienza. Un’ottima ragione per starsene lontani e guardare da fuori l’effetto che fa.
Il tutto nel mentre si affida a italiani il compito di pensare il futuro europeo e quelli scrivono che è necessario un mercato unico dei capitali. Paradossale. Il compito delle autorità pubbliche non è quello di lasciare libero il mercato di muoversi a piacimento, ma di far rispettare le regole e assicurare la trasparenza. Qui sono le autorità a fare il contrario.
Davide Giacalone, La Ragione 22 aprile 2025