La riforma costituzionale è una cattiva cosa in sé, per quel che contiene. Si possono fare tutte le considerazioni politiciste che si vuole: è ridicolo che Forza Italia la voti al Senato e si faccia cogliere da dubbi alla Camera; è impressionante come la sinistra della “Costituzione più bella del mondo” ne partorisca la triturazione; si può discutere di quanto sia grande il trionfo di Matteo Renzi e di quanto gelatinoso il dilagante trasformismo parlamentare; e di ciascuna di queste considerazioni si può cogliere, a seconda dei gusti, il lato esaltante o quello deprimente. Si può tifare liberamente, insomma. E’ solo contorno, però. La sostanza resta altra: è una cattiva riforma.
E’ un errore creare il Senato delle Regioni nel mentre si deve prendere atto che sono state la peggiore riforma del fu centro sinistra, poi rese infette dalla modifica costituzionale del 2001, che le ha fatte divenire divoratrici di soldi e creatrici di debito. In cambio di complicazioni legislative e burocratiche. E’ vero che, con la riforma costituzionale in discussione, la sinistra si rimangia l’orrore del precedente cambiamento, ma è paradossale che dovendo togliere potere legislativo regionale si assegni quello nazionale.
E’ un errore combinare il monocameralismo con una legge elettorale che non è maggioritaria e non è a ballottaggio, ma continua a proporre l’indecenza del premio di maggioranza, per giunta assegnato in blocco, con un falso ballottaggio. Questo produrrà dapprima una Camera monocolore, monocorde e monocola. Subito dopo farà esplodere il trasformismo. Che sarà sempre meglio dell’altro pericolo: la non rappresentatività, che è l’insidia delle democrazie.
E’ un errore usare in questo modo l’articolo 138 della Costituzione, che ne regola i cambiamenti. E’ un caso classico di regolarità formale che produce illegittimità. Quel meccanismo è stato concepito per modifiche puntuali. Anche rilevanti, ma circoscritte. Adottate con maggioranze e logiche che non fossero quelle delle pressioni e condizionamenti di governo. Fare passare quaranta articoli da quella cruna, forzandola con fedeltà governative, significa snaturarla.
E’ un errore supporre che il referendum confermativo sani il tutto, perché, all’opposto, tutto scasserà. Quel referendum sarà impostato come già lo si vede: un plebiscito fra conservazione e cambiamento. Peccato che da conservare non c’è molto, e, anzi, molto andrebbe comunque buttato via. Peccato che il cambiamento che c’è ha effetti distruttivi. Barbarici, direi. Si farà campagna evocando il pericolo autoritario e l’imminenza della dittatura, che sono baggianate inesistenti, mentre dall’altra parte si chiederanno i voti perché si chiudono o diminuiscono i posti a disposizione dei politicastri culopesante e mantenuti, che sono concetti intellettualmente riprovevoli e intimamente disonesti. Oltre tutto vincenti grazie al soccorso di politicastri culopesante e mantenuti.
L’esito di questa riforma non sarà il gattopardismo che citano quelli che mai lessero il libro, quindi un omaggio a che tutto cambi perché tutto resti immutato. Scordatevelo: qui tutto cambia, divenendo poco rispettabile. La responsabilità ricade su tanti. Su questo centro destra come su questo centro sinistra. Un po’ come nella corrida: i cavalieri appuntano sul groppone del toro le proprie banderillas, dissanguandolo, poi il torero lo trafigge e uccide. Cavalieri e toreri sono colleghi. Qui almeno corresponsabili. Da noi, inoltre, il torero prenderà da solo gli applausi e porterà a casa anche il filetto e le palle del toro. Molti hanno sbagliato molto. Ma la cosa peggiore è la riformaccia che ne risulta.
Pubblicato da Libero