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Scotch test

La sorte della Scozia, l’eventuale divisione, per via referendaria, dal Regno Unito (che cesserebbe di essere unito), è questione che riguarda gli scozzesi e gli inglesi. Ma il contesto in cui si svolge il referendum, le passioni che agita, le prospettive che apre, riguardano l’intera Europa. Tanto più che un referendum analogo è in programma per il 9 novembre, in Catalogna.

Henry Kissinger ha osservato che “l’Europa si è data il compito di trascendere lo Stato”, il che vale in senso federale, continentale e unificante, ma anche in senso locale e separante. Questo è il punto: comunque vada il referendum, anche la sola ipotesi di separazione sarebbe impossibile senza aree politiche e monetarie più ampie della Scozia. Detto in modo diverso: senza Ue, senza Nato e senza sterlina (o euro), gli scozzesi non potrebbero andare da nessuna parte.

Nessuno riesce a fare i conti in modo da sapere se, per gli scozzesi, la separazione sarebbe un affare, di sicuro per gli inglesi sarebbe un danno. Perderebbero peso internazionale, anche se non fosse messo in discussione il seggio nel consiglio di sicurezza Onu. La separazione sarebbe, inoltre, un sinistricidio, visto che i voti scozzesi vanno ai labouristi e senza quelli sarebbe assai difficile tornare a battere i conservatori. Ma il referendum non sarà votato dagli inglesi, bensì dagli scozzesi. Può, per questo, essere invocata l’autodeterminazione dei popoli? Solo a patto di stabilire come si definisce un “popolo”, perché se considero tale quello che si riunisce sotto una bandiera statale, allora quel principio wilsoniano presiede alla Società delle Nazioni e ci accompagna dalla fine della prima guerra mondiale. Mentre se considero tale la comunità dei presunti eguali, per ciò stesso diversi dai vicini, va a finire che le secessioni si moltiplicheranno fino a sfarinare anche le municipalità. Fino all’autodeterminazione condominiale.

Gli indipendentisti assicurano che non intendono rompere il sistema della sterlina. Quindi non ci sarà autonomia monetaria. Il che è logico, perché con quella popolazione (poca) e quella ricchezza prodotta (poca), una moneta non si regge da sola. Il che pone dei bei problemi, dato, ad esempio, che per la crescita della produzione e dei consumi va bene un tasso d’interesse basso, ma per il boom immobiliare londinese (Londra, da sola, fa gli abitanti di Scozia, Galles ed Irlanda) necessiterebbe una cura diversa. E, del resto, ove mai l’unione monetaria si rompesse, considerato che il governo inglese s’è dimostrato piuttosto riluttante, ciò porterebbe gli scozzesi in un’unione più grande, quella dell’euro. Non a caso, infatti, altri indipendentisti, i catalani, dicono e ripetono che l’euro non si tocca. Appartiene al folclore nazionale nostrano il fatto che gli indipendentisti immaginari sono anche anti euro. Chi fa di conto sa che le due cose sono incompatibili e che, anzi, sono l’euro e l’Ue a rendere plausibili certe rotture, offrendo un baccello federale per tenere assieme i fagioli indipendenti.

Ma non basta la moneta, perché qualsiasi indipendentista europeo farebbe fare al proprio popolo un pessimo affare se si trattasse, domani, di pagare il costo della difesa, considerandola separata da quella altrui. Invece le divisioni possono essere razionali se escludono d’incidere su quel punto. Con il che, però, non somigliano neanche lontanamente ai miti indipendentisti di due secoli addietro, alla cui mitologia pur s’ispirano.

Sarebbe possibile un referendum di tipo scozzese, a casa nostra? Istituzionalmente no. Ma perché escluderlo in principio? Anzi, può ben essere che un governo del sud sia più capace d’indurre senso di responsabilità e voglia di riscatto e crescita, fra i nostri concittadini meridionali (come me). E cito il sud proprio perché economia più sussidiata e meno propensa all’abbandono. Solo che ciò sarebbe possibile proprio perché le compensazioni e i riequilibri avverrebbero in un’area più vasta, non più piccola. I separatisti dovrebbero essere sfegatati europeisti, non il contrario. E mi tengo a questioni economiche, giacché se aprissimo quelle sentimentali farebbe un certo effetto parlarne a cento anni dalla guerra che liberò terre del nord, facendole tornare italiane, anche con il sangue di moltitudini di cafoni del sud.

Gli scozzesi voteranno per sé, ma quel referendum va osservato e studiato. Anche per evitare che da noi il dibattito in materia si svolga con forsennate fughe dalla realtà e pretese uscite da tutto. Alla fine si esce di senno. Un ultimo aspetto: contro la secessione si sono pronunciati i partiti storici del Regno Unito e tutta la classe dirigente. Da noi gira la foto di Sean Connery in kilt, ma sarebbe bene guardare anche dentro i tremori di Bank of Scotland, con le brache in mano. Ebbene: dal Mare del Nord agli arcipelaghi del Mediterraneo, dal Manzanarre al Reno, le classi dirigenti beccano tanti schiaffi. Sono vissute più come digerenti che dirigenti. E anche in quanto a classe, c’è da ridire.

Pubblicato da Libero

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