Politica

Scuola senza merito

Entro la fine del mese cinquantamila “precari” otterranno l’ingresso ufficiale e definitivo nei ranghi della docenza scolatica. Altri centomila giungeranno a far loro compagnia nei prossimi due anni. I “precari” non sono docenti che, pur avendo superato un concorso, non hanno fin qui ottenuto una sistemazione regolare, dovendosi accontentare di supplenze e prestazioni temporanee, bensì aspiranti docenti che un concorso non lo hanno mai superato, partecipandovi ma collocandosi nelle parti non utili della graduatoria. Detto questo, non è certo il caso di diffamarli in gruppo, considerandoli tutti degli incapaci, ma neanche è il caso di considerarli tutti automaticamente idonei a svolgere una funzione delicata ed importante.
Ha ragione, dunque, Giovanni Berardelli (sul Corriere della Sera) a richiamare l’attenzione sul punto più rilevante: a forza di metter dentro della gente ope legis, dunque per diritto di legge anziché per conquista di merito, continuiamo ad edificare una scuola pubblica dalla quale fugge la meritocrazia. L’assenza di selezione per merito nello scegliere i docenti si rifletterà in un’analoga rilassatezza dei costumi nei confronti degli studenti. Un po’ perché chi non è capace di superare un concorso non si vede perché debba essere capace d’insegnare e valutare gli altri. Ed anche perché chi deve il proprio reddito ad una sanatoria è antropologicamente predisposto a “sanare” anche le vite altrui. Solo che, così procedendo, creiamo una scuola poco selettiva che, a sua volta, solidificherà una società rigidamente castale. Se non si avanza per merito si galleggia per eredità, se non vanno avanti i migliori restano in testa i mediocri più protetti, se il titolo di studio ha un valore legale ma non un contenuto di conoscenze sarà utile per la cornice e per puntare a vivere di spesa pubblica, ma sarà carta da macero nel mercato economico e nel mondo delle professioni.
La sanatoria, dunque, riproduce all’infinito l’idea del carrozzone al servizio di chi ci lavora, non di chi lo frequenta per imparare e formarsi. Questo è un attentato alle speranze ed ai diritti dei giovani, oltre che agli interessi della collettività. Segnalo, inoltre, anche l’inversione di valori che questo comporta. Un tempo la scuola privata era in qualche caso un esempio d’eccellenza, ma in molti altri casi un diplomificio a disposizione di zucconi con parenti facoltosi. A quelle strutture si è già concesso il vantaggio di essere quasi le uniche a gestire in modo efficiente il tempo pieno, vale a dire la permanenza pomeridiana degli alunni che, specie nel caso dei più giovani, risponde alle esigenze di famiglie dove i genitori lavorano e le reti di protezione familiare si allentano per scarsa disposizione e difficile mobilità cittadina. Ci manca solo che si conceda solo ai privati la possibilità di scegliere i docenti ed avremo definitivamente distrutto la scuola pubblica. Che, poi, la cosa sia fatta nel mentre si continua a salmodiare sulla sua importanza ed intangibilità, dimostra che anche in chi governa e legifera l’incompetenza è pari solo all’ipocrisia.

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