Politica

Senza capo né coda

Senza capo né coda

L’inizio della campagna elettorale è un triste spettacolo di coalizioni e partiti senza una linea politica che fanno false promesse e raggirano gli elettori nascondendo un becero trasformismo dietro la maschera della democrazia.

A destra sostengono d’essere tre alleati, l’uno diverso dall’altro, ma chi sarà il leader, chi guiderà l’alleanza e, quindi, chi andrà a Palazzo Chigi lo decideranno gli elettori. Nel senso che lo sarà e ci andrà chi dei tre prenderà più voti. Sembra una teoria democratica, in realtà è una vigliaccata. Gli elettori decidono da chi farsi rappresentare nelle Assemblee legislative, forse (ma questo è negato da tempo) decidono chi vince, ma non possono decidere chi guiderà un gruppo politico, perché la democrazia funziona all’opposto: le forze politiche stabiliscono quale è la loro linea politica e chi la incarna, salvo gli elettori premiarla o meno. Se si capovolge il ragionamento non si ottiene più democrazia ma più trasformismo, per giunta ipocritamente ispirato a un falso senso democratico: mi piego alla volontà degli elettori.

Un elettore di destra vota Fratelli d’Italia perché ne apprezza la linea nettamente filo atlantica, però prende più voti la Lega e deve sorbirsi un governo guidato da chi inneggiava a Putin. Non ha senso. È un imbroglio. Oppure vota per il centro popolare europeo ed europeista, rappresentato da Forza Italia, e poi si becca un governo guidato dall’estrema destra eurorepellente o da un sovranista antieuropeo. Non ha senso. È un imbroglio.

Oltre a essere un imbroglio è una dichiarazione preventiva di inaffidabilità, un annuncio d’incoerenza, una manifestazione di guide che si mettono al seguito: siamo i rappresentanti di un’idea, ma se per andare al governo ci tocca sostenere l’opposto lo facciamo di buon grado perché lo hanno deciso gli elettori. Non ha senso. La democrazia è altra cosa: sostengo una tesi e con quella governerò se avrò i voti, altrimenti farò l’oppositore. In fondo “una tesi vale l’altra” è anche peggio di “uno vale uno”.

Solitamente ricorre un’obiezione: già governiamo assieme in Regioni e Comuni, sicché funzionerà anche al governo nazionale. A parte il fatto che non è vero, perché già ripetutamente non ha funzionato; forse sfugge alla destra che questa era la tesi sostenuta dai comunisti, nel secolo scorso: governiamo con i socialisti negli enti locali, perché non dovremmo farlo al governo nazionale? Perché sono cose diverse, difatti i voti non li ebbero mai.

A proposito di sinistra: encomiabile l’entusiasmo ripetitivo con cui annunciano di avere irreversibilmente rotto con il mondo pentastellato, ma l’affidabilità di tale stabilità fa a cazzotti con il fatto che ancora una decina di giorni addietro sostenevano l’opposto. Con altrettanto ripetitivo entusiasmo. Quel che era strategico ieri è divenuto inaccettabile oggi. Il che depone maluccio sulle capacità di visione strategica. E c’è di più: il contenuto più convincente della sinistra è l’intenzione di opporsi alla destra, il che dimostra una povertà di contenuti che non è manco lontanamente verdeggiata dai riferimenti ambientali, una povertà spiazzata da una destra che fa decidere agli altri quali saranno la linea politica e il capo. Così si viaggia verso le urne senza né capo né coda.

Il migliore riassunto lo si legge in forze politiche che hanno governato assieme e assieme hanno scelto (giustamente) di proteggere la sicurezza energetica dell’Italia con nuovi interlocutori e approvvigionamenti, compreso il gas liquido, salvo poi, a Piombino, fare a gara a chi capeggia la protesta contro il rigassificatore. Senza che i vertici nazionali intervengano a correggere le rappresentanze locali. Partiti senza linea univoca, senza capo e con code che si dimenano come quelle perse dalle lucertole.

Brutto debutto di campagna elettorale. Elenchi di buone cose senza cenno alcuno a strumenti e tempi. Sgravi e aumenti promessi senza cenno alcuno alle coperture. Ecologismo non smaltibile. Il tutto sperando che a renderlo un friccico attraente provvedano le contrapposizioni personali, solo che, viste le persone, l’effetto è opposto.

Intanto alla maturità passa il 99,9% e nessuno pensa di dovere dire o fare qualcosa. Stipendificio ed esamificio. La scuola che sembra piacere.

Davide Giacalone, La Ragione 26 luglio 2022

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