Politica

Sgraziati

La discussione pubblica sulla grazia, ovviamente riferita al caso Berlusconi, sta diventando un colossale equivoco. Come tutte le cose che non esistono, e in un Paese a vocazione faziosa, alimenta la divisione in fronti contrapposti: da una parte si vuole che striscino pitoni e volino falchi, non sapendosi se dall’altra volteggino colombe o avvoltoi, sibilino bisce o cobra. Cercando d’agguantare l’ordine e la sintesi, procedo per punti.

1. L’idea della grazia, avanzata prima ancora che ci fosse la condanna, risponde non a un desiderio d’impunità, ma all’opportunità che una sentenza non sconvolga la vita pubblica. Posto che la condanna di un leader alla galera la sconvolge di sicuro (e non è la prima volta), la prudenza ispiratrice era corretta. Per tempo suggerii una strada diversa: la nomina a senatore a vita. Tesi previdente, con il seno di poi, ma disattesa.

2. La grazia può essere data senza che sia chiesta. Vero. Ci sono diversi precedenti. Ne aggiungo uno, per meglio comprendere i poteri del Colle: non solo non è necessario che sia richiesta, ma non è neanche un volere esclusivo del presidente, tanto che Francesco Cossiga intendeva darla a Renato Curcio e non ci riuscì per il diniego del governo (cui spetta la controfirma).

3. Posto ciò, però, è difficile non prendere atto che Giorgio Napolitano ha escluso questa via, esplicitamente chiedendo che ci sia una domanda da parte dell’interessato. Credete che possa tornare indietro? Lo escludo. Quindi la discussione passa non più a discettare se è bene darla o meno, ma se è saggio chiederla o meno.

4. Napolitano ha posto un altro vincolo: il sostegno al governo. Non so in quale parte della Costituzione abbia trovato sostegno a tale sua iniziativa, ma lo ha fatto. Ne deriva: a. se Berlusconi chiede la grazia deve non solo ammettere la colpevolezza e mostrare redenzione, ma anche accettare il vincolo politico; b. in tali condizioni la grazia non solo non risolve i suoi problemi giudiziari (ce ne sono altri), ma consegna gli elettori di centro destra quali ostaggi.

5. Ciò significa volerlo in galera, giubilare per il suo trasferirsi dietro le sbarre? Non ci andrà. Non solo per l’età, ma anche per il recente decreto governativo (detto: svuotacarceri). In ogni caso questo è l’effetto della condanna, non di una opinione. Si noti, semmai, che il Colle non s’è legato le mani sulla commutazione. Che mi pare l’ultima via accessibile, sebbene non maestra.

6. Il centro destra sembra orientato a dar battaglia sull’applicazione della legge Severino, circa la decadenza da parlamentare. Lo trovo assai poco saggio, perché quella legge l’hanno votata loro. Noi scrivevamo dei suoi guasti, ma parlando con il muro. Non va bene? Lo so, ma schiaccino la testa, oltre ai tasti. Non è retroattiva? Possibile, però è come sostenere che è giusta ma in questo caso non vale. Vi pare sostenibile? Questi tuonanti a vuoto trovino gli attributi per dire una cosa scontata: va ripristinata l’immunità parlamentare.

7. Quando tutto questo sarà alle spalle arriverà l’interdizione dai pubblici uffici. Anche qui: deve significare che il condannato non può diventare pubblico ufficiale, non che non può candidarsi. Votarlo, se lo vogliono, è un diritto degli altri. Dei cittadini. Ma deve valere per tutti, non per uno.

8. Tutto questo sembra fatto apposta per dire: il governo Letta va bene, ma può entrare in crisi per ragioni miserabili. Invece è il governo che non va bene. Se a qualcuno torna la voglia di parlare di politica, quella vera, può darsi che ad altri torni la voglia di ascoltare. Questa gnagnera inutile serve solo a guardare il dito che indica la luna e trovarselo nell’occhio.

Pubblicato da Il Tempo

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