Politica

Sinistro de profundis

Dario Franceschini vede “il rischio di un nuovo autoritarismo”, il che conferma l’opportunità che torni ad occuparsi dei romanzi. Non che i risultati siano incoraggianti, ma, almeno, saranno minori i danni. A me pare si stia correndo il rischio opposto: la dissoluzione dell’autorità, conseguenza d’insufficiente autorevolezza della classe politica. Sostiene, sempre Franceschini, che è pericoloso, per la democrazia, si sia insofferenti per il ruolo del Parlamento. Dimentica che in tutte le democrazie funzionanti l’esecutivo soffre un Parlamento forte, ma che non è il nostro caso, perché, a destra come a sinistra, lo hanno riempito d’incompetenti dotati di bella presenza, dopo averne svuotato il ruolo, espellendone la politica. Il rischio, insomma, è che la politica s’affolli di sparadichiarazioni senza costrutto e senza programma. Alla Franceschini, insomma.
Il quale, però, manifesta un guizzo di vitalità e segnala una singolare variante del vuoto mentale, vale a dire la consapevolezza. Eccone le prova: “chi ci vota, oggi, non sa per cosa vota”. E che gli vuoi dire, ad uno che riesce a pronunciare parole simili, essendo stato il vice quando fu impostata la campagna elettorale ed è divenuto il capo grazie alla sconfitta? Niente, ti alzi, lo abbracci, e ti metti a piangere con lui. Ieri scrivevo che la festa democratica, in corso a Genova, mi sembrava un funerale. Non immaginavo si stessero già cantando il de profundis, da sé soli.
Chi antipatizza per la sinistra ne gioirà, ma sbaglia. Un’opposizione sciancata e frastornata umilia il Parlamento e non rende più forte il governo. Se gli interessi ed i bisogni che non trovano soddisfazione nella maggioranza non riescono neanche a trovare rappresentanza nell’opposizione, succede che si liberano spazi elettorali, a loro volta preda o degli estremismi o della conflittualità interna alla maggioranza. La crisi dei democratici alimenta le ambizioni di un partito reazionario, che la sinistra accettò come alleato, l’Italia dei Valori, e, al tempo stesso, porta conflittualità nel governo. Così andando non avremo mai una sinistra di governo, quindi pragmatica, non ideologica ed anticomunista, di cui c’è assoluto bisogno, né avremo la stabilità dell’esecutivo. Mancando questi due ingredienti ci scordiamo le riforme istituzionali, come anche quanto servirebbe per trascinare l’Italia fuori da uno scivolamento all’indietro che dura da quindici anni, non da quindici mesi.
Pertanto, Franceschini raggiunga pure Veltroni, riprendano la loro concorrenza fra romanzieri. Nel peggiore dei casi, s’abbioccherà il lettore, non l’Italia. La sinistra trovi la forza di liberarsi di due mostri che ne divorano l’onore e la credibilità: l’eredità comunista ed il giustizialismo fascistoide. Una sinistra libera da questo passato vergognoso saprà accompagnare la ripresa del cammino verso un Paese più serio, più ricco e più evoluto.

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