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Slinguaggi

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Le parole contano e, come si vede in queste ore, in un modo o nell’altro tutto il mondo è paese. E se le parole creano problemi o imbarazzi vanno affrontati i problemi e gli imbarazzi, non scolorite le parole. Le più variopinte e urticanti, come il fiume che sgorga dall’odierna Casa Bianca, è tanto ingannevole esaltarle quanto edulcorarle. Capirle è più utile.

Abbiamo pubblicato una interessante riflessione del professor Luca Ricolfi sul significato di “deportazione”, che in inglese sarebbe diverso che in altre lingue. Credo che Trump abbia usato deportation, riferito a degli immigrati irregolari, volendo intendere proprio “deportazione”. Lo credo non solo perché così mi dice il vocabolario (Ragazzini, Zanichelli), ma perché quella è la logica politica: si rivolge ai suoi facendo vedere che effettivamente li deporta, come aveva promesso (per la precisione ha promesso deportazioni «di massa»), e si rivolge a tutti gli altri (la metà dell’elettorato statunitense) per suscitarne la reazione inorridita. La seconda serve alla sua propaganda, che si nutre dell’altrui scandalizzarsi. Non penso che se ne sia travisato il senso, ma che si sia cascati nella trappola. Ove vi fosse stato maggior senso critico si sarebbe commentato diversamente il contenuto di quella foto propagandistica, con il che si sarebbe messo il dito nella vera piaga.

Quelle sono nove persone, circondate dall’esercito con i fucili spianati e quindi inutilmente incatenate. Fossero state anche Hannibal, non avrebbero avuto scampo. Indotte a salire su un cargo che può trasportare carrarmati, in nove. Se procedono in quel modo gli Usa andranno in bancarotta, prima di espellerli o deportarli tutti. Ma lo scopo non era portarle via, bensì far vedere che le si portava via. Come mai prima. Sicuri? Fra l’ottobre 2023 e il settembre 2024 (dati dell’Immigration and Custum Enforcement), durante l’amministrazione Biden, ne sono state espulse 270mila. Non solo non si è parlato di deportazione, ma neanche le si è fotografate a cura degli espulsori. Questo è il punto: Trump è certamente un estremista del linguaggio, ma nella sostanza fa quel che si faceva, solo che lui si vanta di quel che imbarazzava.

Ciò capita perché ci sono due problemi, entrambi reali. Se penso che io e i miei figli vivremo una vita di schifo state certi che proverò ad andare dove avremo qualche maggiore speranza, se necessario infrangendo le leggi e nulla potrà fermarmi. Sarò deportato? Altri ci riusciranno, siamo molto più numerosi e dall’altra parte la partita è persa in partenza. Ma anche: se vivo nella parte disagiata della città o svolgo un lavoro a basso valore aggiunto, me ne frego dei giulebbosi umanitari e detesto il fatto che il mio appartamento si deprezzi e il mio lavoro si svaluti sol perché qualche borghese confinante si fa così la servitù che gli consente di accedere alla “Società signorile di massa” (copyright Ricolfi) o qualche produttore abbassa i costi di produzione. Due cose opposte e nessuna ha torto. Ma c’è di peggio: nessuna delle due ragioni verrà ostacolata o avvantaggiata dai linguaggi di buonismo o cattivismo, tanto più che il primo non cancellerà lo sfruttamento e il secondo il bisogno ineludibile di lavoratori che non ci sono. Servirebbe la politica, capace di spiegare che non esiste una soluzione e che si deve cercare di regolare e trarre vantaggio; che non esistono il bene e il male, ma il meglio e il peggio. Servirebbe la politica capace di didattica e formazione civile, che non cancella le opinioni diverse ma allontana le semplificazioni che complicano.

Non è aria, quindi ci becchiamo il degrado del linguaggio. Rispetto al quale non serve vestire i panni dei ragionevoli accomodanti, che osservando e riconoscendo il detestabile affermano che è comunque esistente. Trump minaccia con le armi Paesi sovrani e che non hanno attaccato nessuno? È una tattica negoziale. Lancia una sua valuta digitale mentre le banche centrali lavorano a quelle del dollaro e dell’euro? Le ha precedute. Invita a trivellare mentre la Cina continua a investire nel green? Ci avevate scassato l’anima voi e Greta. Rivuole la pena di morte praticata? Lo dice pure la Bibbia. Tutto giocato come una partita fra perditempo polemisti da social network, sempre a sostenere che il mio campione sta dicendo una fregnaccia, ma perché il tuo ne ha dette due. Sempre a premiare i linguaggi oscenamente estremisti, perché soltanto così si batte l’estremismo degli altri.

Ci si renderà conto che si può essere anti Woke senza essere Maga e anti Maga senza essere Woke. Anche perché quei due gemelli hanno genitori detestabili. Sarebbe saggio sbrigarsi.

Davide Giacalone, La Ragione 30 gennaio 2025

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