Certo che ci sono gli smemorati, quelli che si sono dimenticati di avere votato la legge Fornero e che si mostrano felici per una sentenza che la boccia, bocciando loro stessi. Ma ci sono anche gli irresponsabili, quelli che vorrebbero si dimenticasse come si è giunti a mettere in equilibrio il sistema pensionistico futuro, negando ai lavoratori di oggi quelli che si considerano “diritti acquisiti” per quelli di ieri. Certo che la sentenza della Corte costituzionale va applicata, talché non poche dichiarazioni governative sono a cavallo fra l’onirico e l’insurrezionale, ma farlo cercando di non polverizzare l’equità, come chiede il presidente dell’Inps, Tito Boeri, comporta un’operazione ben più profonda e seria che non il metterci una pezza. E’ possibile, ma prendendo di petto il problema, non giocando a rimpiattino.
Quella sentenza è un obbrobrio, ma è. Ne scrissi subito: galleggia sull’idea che i diritti siano reali e i doveri ipotetici; che l’avere sia un diritto e il dare un optional; che lo spendere sia sociale e l’incassare eventuale. Roba brutta, ma è. Il legislatore di allora (decreto del governo Monti, popolato da tecnici) commise diversi errori tecnici. Gli esodati fu il più clamoroso, che si rifiutarono di correggere. Perché nulla è più arrogante della supponenza tecnicoprofessorale. Ma, attenzione, il succo della riforma Fornero è l’innalzamento dell’età pensionabile, ovvero il compimento di un processo riformatore iniziato con le proposte presentate dal governo (Berlusconi) nel 1994, poi rese effettive con lo “scalone Maroni” (2004, successivo governo Berlusconi). Se lo scalone fosse rimasto al suo posto non sarebbe stato necessario, nel 2011, il decreto del governo Monti. Ma era stato abbattuto (2007, governo Prodi), mettendo il costo di quella rianticipazione della pensione in conto ai precari. Fu quell’improvvida decisione, presa in un tripudio di consenso sindacale, fu quel regalo ai garantiti alle spalle dei non garantiti, che rese poi necessario riformare per decreto. Smemorati ce ne sono tanti, in circolazione.
Accompagnati dagli irresponsabili. Matteo Renzi, infatti, si ritiene non responsabile di quelle decisioni, perché, dice, faceva il sindaco. E come crede di esserci riuscito? In che partito militava? Ha fatto il sindaco perché era il candidato di una sinistra che vinceva le elezioni anche facendo regali usando la spesa pubblica e il debito futuro. Mica viene da Marte, solo da Firenze (dove aveva la residenza senza risiederci, ma questa è altra storia).
Accanto all’innalzamento dell’età pensionabile il decreto conteneva molte altre cose (firmato da un Giorgio Napolitano che non tenne in considerazione i propri moniti sulla necessaria omogeneità dei contenuti), fra le quali la sterilizzazione della contingenza, per due anni e per le pensioni che superavano di tre volte il minimo. Su questo la Corte ha sparato. Anche in questo caso, però, non era mica un costume isolato. I contratti del pubblico impiego, ad esempio, erano fermi da anni, proprio per non affrontare quei costi. Sta di fatto che ora si deve restituire. L’operazione, al contrario di quel che i giudici costituzionali credono, è iniqua per definizione, giacché comporta il dare a chi ha di più. Come si fa a farlo senza mandare al macero il buon senso e i conti pubblici? Conoscendo e riformando, certo non rinviando e nascondendo.
Innalzando l’età pensionabile (ripeto: processo durato a lungo) si è negato ai lavoratori presenti un privilegio riconosciuto a quelli di prima. Si cambiava il futuro lasciando intatto il passato. E’ la teoria dei “diritti acquisiti”, che comporta, in capo ad altri, dei pesanti doveri acquisiti. Va scardinata. Si può farlo conoscendo con precisione quante (circa il 50%) e quali pensioni non sono rette da adeguati contributi versati. Operazione che tocca all’Inps. Chi prende oggi in ragione di quel che versò in passato non deve essere toccato. Sarebbe un furto. Ma di chi prende di più si può ragionare. Fra quelle pensioni ce ne sono molte che sono basse, e si può decidere di fare un regalo. Chiarendo che di regalo trattasi, non di diritto. Per le altre si può anche limare e diminuire l’adeguamento, dato che incorporano una supervalutazione passata. Ma va fatto con legge che riguarda tutti, non per scaglioni di reddito. Passare da tre volte la minima a otto, per esempio, sarebbe non solo scempio di equità, ma anche altrettanto incostituzionale.
Correre a mettere le toppe serve solo a rinviare i problemi. Cosa di cui gli irresponsabili sono stati maestri e sono figli.
Pubblicato da Libero