Politica

Soldi e qualità dell’istruzione

I rettori universitari sono in rivolta per i minori finanziamenti previsti dalla legge finanziaria, ed il ministro Mussi dà loro ragione (ma la finanziaria non è preparata dal governo? ed in Consiglio dei ministri la responsabilità non è collegiale?). Nella stessa giornata Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia, avverte che la scadente qualità dei nostri studi è un freno alla crescita.

Taluno può credere che si tratti di critiche in qualche modo affiancabili, compatibili fra di loro, ed invece dicono cose opposte. I rettori vogliono più soldi per mantenere l’università così com’è. Draghi evidenzia che così serve a poco.

La nostra università è strutturata per essere di massa, ed invece laurea sempre meno persone. E’ concepita per tenere la cultura lontano dal mondo produttivo, con il risultato che buona parte delle informazioni trasmesse sono la premessa di un seguito che non arriva mai. E’ vero che gli economisti non devono tutti essere formati al servizio delle aziende, è vero che i ricercatori non devono tutti seguire gli interessi dei farmaceutici, ma è non meno vero che gli uni e gli altri, senza le aziende che operano nel mercato, non solo restano disoccupati, ma anche depositari di una cultura astratta, autoreferente, alla fine neanche cultura.

Un sistema di questo tipo è una gran fregatura per i meno protetti, per quanti, nella vita, si dovranno far strada con le proprie capacità e non grazie agli appoggi, alle eredità od alle relazioni familiari. La nostra è divenutà università classista, ma non perché solo i ricchi possono accedervi, bensì perché inutile a far da ascensore sociale a chi ricco non è. Non si deve mai generalizzare, ovviamente, ed abbiamo anche noi aule e momenti d’eccellenza, ma ci manca un sistema che metta a frutto quell’eccellenza, ci manca un ambiente in cui solo l’eccellenza abiti le aule. Allora, il punto è questo: vale la pena continuare a finanziare un sistema di questo tipo, oppure non è da cogliersi l’occasione dei soldi mancanti per ripensarlo in modo profondo? Trovo che non sia più giusta un’università che dà poco a tutti, costando molto alla collettività e poco a chi la frequenta, ma lo sia, al contrario, un’università che richieda seri investimenti sia a chi privatamente la finanzia che a chi privatamente la frequenta, accompagnando questo con un sistema efficiente di borse di studi, talché le persone meritevoli non si perdano per strada.

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