Politica

Somma zero

Comunicare al presidente statunitense che “in Italia c’è una dittatura dei giudici” non è un semplice errore, è un segno di disperazione. Raccontare a quello russo (non esattamente la patria del diritto) che le accuse sono infondate, non è da meno. Le reazioni registrate a casa nostra sono, a loro volta, il segno che c’è da essere disperati. Si deve leggere per intero il significato di quel che è accaduto, a costo d’essere sgradevoli. A costo di toccare santuari sui quali nessuno osa.

La nostra giustizia è incivile, la peggiore d’Europa, una vergogna innanzi al mondo. Il problema non è che Silvio Berlusconi lo abbia detto, ma che non si sia rimediato. Certo, il presidente del Consiglio subisce un poderoso attacco personale, ma le risposte politiche sono state insufficienti, quando non controproducenti. La legislatura 2001-2006 è stata impegnata per salvare il soldato Previti. Al termine è finito in galera. Quella iniziata nel 2008 è ripartita con lo stesso passo e s’è ugualmente impantanata. La colpa non è solo degli “altri”, ma anche di chi ha ossessivamente posto sé stesso al centro di tutto. Noi abbiamo sollevato infinite questioni di giustizia, ma nessuno ha prestato la benché minima attenzione. Risultato: ancora una volta il niente. Se si vuole parlare agli italiani, di destra e di sinistra, da destra e da sinistra, si deve ripartire dal presentare proposte di riforma. Subito. Chiacchiere e promesse, come insulti e ripicche, servono a niente.

Nel 1994 Berlusconi “scese in campo”. Metafora che non mi piace, ma che presuppone la voglia di vincere la partita. E’ vero, gli arbitri hanno tifato per l’avversario, quando non si sono prodotti in dribbling manco fossero attaccanti altrui. Oscar Luigi Scalfaro, Carlo Azelio Ciampi e Giorgio Napolitano hanno più calciato che fischiato. Ma sugli spalti la maggioranza era con il centro destra, quindi occorreva far valere la propria forza e, se del caso, osservare che Moreno non era proprio l’ideale dell’imparzialità. Invece s’è palleggiato con incoscienza, perdendo regolarmente la partita. La colpa della mancata riforma della giustizia è del centro destra. Il guaio è che mentre all’opposizione ci sono forze opposte alla civiltà del diritto, nella maggioranza soggiornano incapaci.

Agitare, per anni, la capote e riempire il toro di banderillas lo imbestialisce e prelude al colpo di spada. Se questo non è fatale si passa all’estoque de destabellar (spada più piccola). Se il toro resta in vita il torero va a farsi benedire e il pubblico lo fischia. E’ un incapace. Un peones abbatte il toro. Da noi non si finisce mai, ma mentre Berlusconi parla sempre di sé stesso noi corriamo il rischio di finire stritolati da una macchina che può, in ogni momento, accusarci di qualsiasi cosa. Annientarci.

Obama e Medvedev sono le persone sbagliate cui raccontarlo, ma in Italia non c’è la dittatura dei giudici, c’è l’anarchia e la dissoluzione dei poteri. I cittadini se ne accorgono, gli elettori si disamorano. Senza alternative credibili, senza opzioni diverse che la rabbia.

C’è, però, una seconda storia, non meno importante. Berlusconi va da Obama in pubblico perché non ha avuto accesso privato, e mette in atto una mossa disperata perché è stato fatto fuori da una diplomazia parallela. La storia è fantasiosa e un vecchio adepto del Patto di Varsavia s’è fatto garante della nostra solidarietà atlantica. La guerra in Libia è stata gestita dal Quirinale, sia nell’impostazione che nell’uso delle nostre armi a prescindere dal dibattito parlamentare. Ciò ha reso irrilevante Berlusconi (l’altro fronte internazionalmente rilevante è quello finanziario, ma lì il ruolo di garante della stabilità è stato lasciato a Giulio Tremonti). Berlusconi sa che se la sua posizione non è accompagnata dall’interesse degli altri Paesi Nato la crisi prossima ventura lo spazzerà via. Per questo insegue Obama, senza la spavalderia delle prime uscite e senza la chiarezza d’andare dritto al punto. L’ha presa dal lato dei giudici. Doppio errore, doppia disperazione, ma anche doppio problema che rimane.

Gli italioti la buttano in ridarella o nel solito indignarsi ipocrita: ha offeso e ridicolizzato l’Italia. Come se essi non avessero fatto altro, per anni, che girare il mondo supplicando d’essere liberati da quel buffo e coriaceo signore che s’ostina a prendere la maggioranza dei voti. In poche ore abbiamo avuto davanti agli occhi il riassunto di sedici anni: da una parte la disperazione impotente e dall’altra l’avventurismo giustizialista, coperto dal cinismo prezzolato. Morale, cultura, diritto, critica e politica, tutto è stato cancellato, in questo scontro fra vizi e pregiudizi. Se qualcuno crede di regolare i conti, in questo modo, si sbaglia, perché questo è un gioco a somma zero. Nel senso che ci stiamo azzerando.

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