Politica

Spoils system all’italiana

Prima la lunghissima campagna per la designazione dei giudici costituzionali, poi le nomine per Enel ed Eni. Vale la pena di fare qualche considerazione sullo spoils system all’italiana.

Anche perché succedono cose originali: si bloccano candidati politicamente orientati per la sede ove si deve discettar di leggi (quindi di politica), mentre si plaude da ogni dove per scelte manageriali relative alle aziende pubbliche. Strano, perché sarebbe naturale che i primi rappresentino sensibilità ed orientamenti diversi presenti in Parlamento (e, difatti, nessuno contestava il fatto che accanto all’ottimo Mancuso vi fosse un designato dall’opposizione), mentre i secondi dovrebbero rappresentare la volontà della maggioranza che governa.

E’ un gran bene che aziende come l’Enel e l’Eni siano affidate a mani competenti, a persone che hanno dimostrato il loro valore, ma sarebbe ancora meglio se si sapesse quale è la missione affidata a queste aziende e, quindi, quale è la politica industriale del governo. Sapendolo, sarebbe alquanto originale che fosse così entusiasticamente condivisa dall’opposizione. Faccio un esempio: quando l’Enel entrò nel mercato delle telecomunicazioni noi scrivemmo che non era una buona cosa (si è poi rivelato anche un cattivo affare), sostenemmo che un settore ove si era appena usciti dal monopolio pubblico non sentiva alcun bisogno di vedersi rioccupato da aziende pubbliche. I governi di allora sostennero la scelta dei vertici Enel, e, addirittura, si fecero gare nelle quali lo Stato era, al tempo stesso, arbitro e giocatore.

Ora, essendo fuori discussione il valore delle persone (sia di quelle che lasciano che di quelle che arrivano) sarebbe interessante sapere se esiste un indirizzo in materia e se chi ieri ne sostenne uno ha avuto ragioni per cambiare opinione. Non si dica che queste sono scelte che spettano all’autonomia del management ed al mercato, perché di tutto questo liberismo ad uso degli statalisti ne abbiamo piene le tasche: se c’è capitale pubblico ci deve essere politica industriale; se non c’è politica industriale si venda ciò che è pubblico. Esempio: sarebbe un gran bene vendere la Rai, perché per questa non vi sarà mai una seria politica industriale.

Le regole dello spoils system all’italiana, invece, sembrano cozzare con quelle della logica: si plaude alla competenza specifica per quanti devono andare ad amministrare quattrini ed interessi, rappresentando indirizzi politici; mentre si urla contro la politicità di quanti sono la quintessenza della politica: i giudici delle leggi. In quest’equivoco risuona tutta l’indeterminatezza di un sistema politico che è passato dal proporzionale al maggioritario senza mutare in niente il quadro istituzionale, ma si ritrova anche una politica che, al contrario del Gastone petroliniano, sembra avere orrore di se stessa. In quest’equivoco galleggiano gruppi editoriali i cui proprietari hanno interessi diretti nelle nomine economiche (da qui il consenso), mentre ne hanno meno nello sviluppo della vita politica e civile (da qui la cagnara). Gli interessi di questi gruppi non fanno paura alla democrazia, anzi. Ma una politica che sia rappresentanza diretta di questi interessi, senza saperli mediare, nuoce gravemente alla salute della democrazia.

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