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Supersòla

Supersòla

Il Bonus 110% è il Festival dell’irresponsabilità: non solo ha scavato una voragine nei conti pubblici ma di quel buco non si vede mai il fondo.

Mettiamo subito in chiaro che la colpa è nostra. Non sarebbe mai successo se la grande maggioranza di tutti noi, quindi degli elettori, non fosse convinta che i ‘soldi pubblici’ sono sempre soldi degli altri, sicché i debiti sono anche quelli degli altri. Non sarebbe mai successo se fosse chiaro a tutti quel che è banale buon senso: nulla è gratis. Semmai a carico di altri.

In questo caso non è neanche a carico di altri, ma a carico di tutti e a debito, laddove la seconda circostanza viene usata per nascondere la prima: il debito serve a far sparire l’aggravio fiscale, con un trucco da mago circense. Se non fosse colpa nostra, collettiva, oggi sarebbe facile votare per quanti avversarono lo scempio. Peccato non si trovino, proprio perché la colpa è nostra.

Il Bonus 110% non ha solo scavato una voragine nei conti pubblici, ma di quel buco non si vede mai il fondo. Ogni volta che si fissa una cifra capace di fotografarne il costo, si deve poi aggiornala – sempre al rialzo – quando si rifanno i conti. Per ora siamo a 200 miliardi di euro. E già questo è inquietante, nonché argomento di frizioni fra la Ragioneria generale dello Stato (che i conti dovrebbe averli sempre aggiornati e precisi) e il ministero dell’Economia. Il quale ultimo è ora impegnato nella redazione del Documento di economia e finanza, mentre a settembre – cioè domani mattina – dovrà presentare la bozza di legge di bilancio per il 2025. Perché le regole sono cambiate e queste sono le nuove scadenze. Ed è impossibile immaginare il 2025 se prima non sai quanto è profonda la buca del 2024.

Può darsi – non lo so – che la Ragioneria abbia le sue responsabilità, ma è sicuro che quella legge è stata fatta con i piedi e poi continuamente ritoccata. Come è sicuro che ora ci sono le banche che aspettano i soldi, le società di consulenza idem, i privati che hanno affrontato la spesa pure. In tutto per un mal contato 5% di abitazioni ristrutturate senza badare a spese, che saranno coperte da chi possiede o abita il restante 95% delle abitazioni. E c’è una ragione per cui quel 95% sembra non esserne consapevole: lo scempio fu voluto da M5S e Pd, sicché non saranno certo loro a chiarire le idee agli altri; ma quelli che allora non parteciparono alla creazione del bonus si distinsero poi nel chiederlo più lungo, più profondo, più spaventoso. E ancora continuano. Ma questo non assolve il 95%, perché c’è chi lo disse prima di cominciare, che sarebbe finita male. E perché, purtroppo, oramai corrotti dalla lunga collana di bonus, moltissimi non si ribellano ai soldi che sono stati inceneriti, ma chiedono di avere la loro parte di spreco.

Questo festival dell’irresponsabilità ha prodotto un’Italia che spende l’8% del Prodotto interno lordo per pagare gli interessi sul debito pubblico, vale a dire ben più che per tutta la spesa sanitaria e il doppio di quel che spende per l’istruzione. Quando si dice “Italia” si legga: i residenti che pagano le tasse e quelli che continueranno a pagarle per onorare il debito. Il concetto di “gratis” esiste solo per gli evasori fiscali, almeno fin quando non avranno bisogno della sanità. Si aggiunga che siccome il raggiro e il mendacio non hanno limiti, ogni volta che una spesa non si può fare perché non ci sono i soldi s’alza l’irresponsabile di turno (itinerante fra gli schieramenti) a sostenere che è colpa dei parametri, del mercato, della finanza con le mani adunche, dell’Europa o di chi diavolo riesce a inventare. Invece è colpa nostra.

Siccome l’Italia è un Paese forte, con imprese e lavoratori che non mollano e macinano successi, non si tratta di abbandonarsi alla lussuria della bancarotta, ma di riuscire a fare la più grande e importante delle rivoluzioni culturali: capire che i soldi pubblici sono soldi nostri, di ciascuno e che sprecarli è una sottrazione di ricchezza a ciascuno di noi. Ciò chiarirebbe che la sòla ce la siamo tirati da soli e che solo noi siamo i responsabili dei sòla che popolano la vita pubblica. Tragicamente equidistribuiti.

Davide Giacalone, La Ragione 29 marzo 2024

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