Politica

Superstizione Ogm

Superstizione con effetti autolesionisti. Questa è la linea che l’Italia ha gioiosamente abbracciato in tema di coltivazioni agricole Ogm (organismi geneticamente modificati). Le sciocchezze anti-scientifiche e anti-economiche, con la scusa d’essere natural & social, quindi con l’aura di combattere la logica del profitto e dello sfruttamento, partono da furbacchioni che s’arricchiscono e dilagano a destra e a sinistra, non risparmiano i ministri dell’agricoltura, accomunandoli nella fessaggine che c’impoverisce. Da ultimo si festeggia una decisione del consiglio dei ministri europei, che il nostro governo considera una conquista e che è, invece, una fregatura.

Cominciamo dalla radice: partendo da una falsa cultura che s’accredita come contadina, ma che calza scarpe fini e dimostra cervello grossolano, si assume che sarebbe migliore l’agricoltura che coltiva solo prodotti tali e quali la natura li creò. Peccato che sulla nostra tavola non ce ne è uno che sia uno. Ortaggi, frutta, verdura, vini e quant’altro consumiamo è il frutto di mutazione genetica. Solo dei cittadini che non hanno mai visto un bosco o un frutteto possono abboccare al contrario. Provate a morsicare una mela selvatica, ne riparliamo dopo che avrete ripreso l’uso della bocca. A quelle mutazioni l’uomo ha lavorato e lavora da secoli. Grazie anche al fatto che quando si faceva un innesto non passava il santone di turno a dire che era contro il progetto divino, né il profeta ricco a suggerire che lo si fa per arricchirsi. Che è poi una bella cosa. Gli Ogm appartengono alla stessa categoria delle mele renette o del cabernet sauvignon, solo che abbiamo imparato a fare più in fretta, in laboratorio.

Veniamo alla pianta: cedere agli Ogm, si dice, significa arrendersi all’agricoltura chimica. E’ vero il contrario: mica si fa ricerca per ottenere pere quadrate o mais colorato, ma per praticare coltivazioni capaci di dare prodotti migliori, più abbondanti e più resistenti ai parassiti. Meno si fa ricerca e più si usano insetticidi. Che non solo nuocciono all’ambiente, ma poi li mangi. Chiunque abbia coltivato una piantina di pomodori, o anche solo un alloro o una rosa, sa di cosa parlo. Il guaio è che la maggioranza sono gli altri, convinti che le rose fossero alte, rosse e senza spine (forse anche con la stagnola) già all’origine.

I frutti, infine: i cultori della superstizione vi chiedono se sareste disposti a mangiare quel che è stato geneticamente modificato. La risposta corretta è: già fatto, già lo mangiamo. Come ha osservato la professoressa Elena Cattaneo (preferisco il titolo accademico, meritato), i mangimi che importiamo per allevare il bestiame già sono Ogm, che noi deglutiamo sotto forma di alette, spiedini e bistecche.

Tutto questo è talmente evidente che, nel 2012, la Corte europea di giustizia ha stabilito che ogni agricoltore dell’Unione poteva avviare queste coltivazioni senza che la sua attività “sia subordinata a procedure nazionali di approvazione”. Ottimo esempio di Europa unita e funzionante. Ma il Consiglio dei ministri Ue ha preferito quella tritata e disfunzionale, cambiando la regola: si può fare, salvo che il proprio governo non stabilisca il contrario. E state certi che il nostro è in tal senso indirizzato, visto che festeggia la vittoria della cultura slow thinking (but fast enrichment, mentre gli altri masticano lo slow food). Festeggia il protezionismo dell’arretratezza. Festeggia la destra campestre, accampata in città. Festeggia la sinistra equa e solidale, che mangia fico e globale. Festeggiano le corporazioni dell’agricoltura sussidiata. Festeggia anche il pubblico che compra “bio” al supermercato, felice della naturalità e insensibile al fatto che quella frutta, raccolta fuori d’Italia, importata in celle frigorifere, non ha alcun sapore, con la papaya che sa di gomma da masticare già masticata. I fasti pubblicitari dei prodotti biologici sono la dimostrazione che non solo le etichette non risolvono, ma sono mezzi di collettivo inganno.

Con ciò non intendo affatto dire che tutto l’Ogm è buono. Né conveniente. In genere non è conveniente quello per cui dipendi da ricerche e produzioni altrui. Ma questa è una buona ragione per farle noi. Invece si rende tutto difficile, si fa perdere tempo in autorizzazioni e si proibisce, con il risultato che il made in Italy sarà sempre meno fatto in Italia. Siamo sulla buona strada per mettere gli Ogm nello stesso reparto del nucleare e dei termovalorizzatori. Nel museo della superstizione. Sponsorizzato da inquinatori e profittatori.

Pubblicato da Libero

Condividi questo articolo