Politica

Sventagliata sul fuoco

Più che arieggiare il clima e cercare di raffreddarlo, il Presidente della Repubblica ha usato il ventaglio della tradizionale cerimonia per soffiare sul fuoco delle polemiche, arroventandole ulteriormente. Egli stesso, del resto, è consapevole di quanto questo sia anomalo, tanto che ha sentito il bisogno di far riferimento all’articolo 74 della Costituzione, quindi alla regolarità e linearità del proprio agire. Peccato, però, che quell’articolo attribuisce al Presidente il potere, prima di promulgare una legge, quindi una volta terminati i lavori parlamentari, di inviare un messaggio motivato alle Camere, in modo da manifestare eventuali perplessità. Il Parlamento, stabilisce il medesimo articolo, può votare nuovamente il testo, senza cambiare una virgola, e, in quel caso, il Presidente è tenuto a firmarlo. Pena il tradimento della Costituzione. Le cose sono andate assai diversamente, perché in tema d’intercettazioni Giorgio Napolitano è entrato nel merito e, come se non bastasse, ha anche avuto da ridire circa l’ordine dei lavori parlamentari e la loro agenda. Si può cercare quanto si vuole, nella Costituzione, ma non si troverà nulla che glielo consenta.
La pezza, quindi, è più colorita del buco. Il che, nella sostanza, non è neanche così grave, perché il governo ha già ceduto su tutto il fronte, in quella materia, e il testo di quel disegno di legge a me pare, come già scritto, sia più lasco della legge vigente. Ma la sostanza ha a che vedere con le opinioni politiche, per definizione opinabili, mentre è la forma a prevalere, segnalando ulteriori pressioni sui già critici equilibri istituzionali.
Non a caso, ed era facile prevederlo, le opposizioni si sono subito lanciate nell’applauso al Quirinale. Con un entusiasmo che nulla ha a che vedere con il dovuto e immancabile rispetto per la più alta carica dello Stato. Il che finisce con il mettere in ombra la parte del discorso presidenziale indirizzata all’ottimismo e alla fiducia nella ripresa economia, esaltandone le parole relative alla situazione politica, alla condizione del governo e alle vicende che vanno sotto il titolo, fantasioso e un po’ ridicolo, di P3. A tal proposito Napolitano ha enunciato due principi certamente condivisibili: a. la magistratura faccia il proprio dovere, accertando eventuali responsabilità; b. è bene evitare lo scontro fra e nelle istituzioni. Giustissimo. Peccato, però, che i risultati del lavoro della magistratura, se per tale non s’intende la sola procura, quindi la sola accusa, arriveranno fra anni, mentre il resto dello sconquasso sarà già compiuto. Il che è chiaro anche a Napolitano, visto che lui stesso ha chiesto al Consiglio Superiore della Magistratura di soprassedere alla discussione, attendendo la nuova formazione e il nuovo vice presidente (mesta uscita, per Nicola Mancino).
Se ci saranno, e quali, responsabilità penali lo sapremo con calma, molta. Ad oggi, però, le parole presidenziali meriterebbero d’essere chiarite. Ha parlato, il Presidente, di “tanto squallore”. Anche in questo ha ragione. Noi, che non abbiamo le Sue responsabilità, avremmo definito miserabili quelle faccende. Ma il punto centrale è un altro: finché le nomine dei magistrati, la loro carriera e i loro incarichi extragiudiziali, quindi i loro guadagni aggiuntivi, dipendono dal gioco delle correnti, di cui è pervaso e invaso il Csm, lo squallore domina sovrano. E non è che le promozioni sono squallide se appoggiate da una camarilla e diventano nobile dimostrazione d’autonomia se sponsorizzate da un’altra. Perché se non si chiarisce questo va a finire che il messaggio presidenziale verrà assai equivocato, lasciando supporre che l’allineamento a certi gruppi, certi interessi e certe correnti è un buon affare per costruire la carriera, mentre l’avvicinarsi ad altri espone al rischio d’essere descritti come cospiratori e manigoldi. Insomma, il sistema è sempre lo stesso ed è uguale per tutti, o lo si cambia o non si può fingere il rossore pudibondo della verginella disvelata solo quando i nominati non fanno capo alla lavanderia rossa, l’unica autorizzata ad amministrare il candore.
Gli squilibri istituzionali sono pericolosi, viaggiare fuori dai binari costituzionali espone a rischi notevoli, e anche se, magari, si pensa di agire per compensare scompensi e storture non si fa che aggravarli. Di ciò dovrebbero essere consapevoli tutti, e il Presidente della Repubblica per primo

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