Politica

Tessere senza mosaico

Lo volevano “partito liquido”, ma rischia d’essere liquefatto. Il tesseramento del Partito Democratico, difatti, riesce a cumulare due difetti non da poco: crescono le tessere false e disuniscono, di molto, quelle vere; s’incattivisce lo scontro fra correnti (ovvero fra i diversi partiti che lo costituirono) e

diminuiscono i cittadini che s’iscrivono. La responsabilità è del gruppo dirigente, che ha commesso errori gravi. Ne soffre, però, la buona salute della democrazia, giacché il ruolo dell’opposizione è importante. Il suo caos è un male.
L’errore più grosso sono state le primarie plebiscitarie. Una specie di farsa che voleva sembrare iperdemocratica e che si è rivelata, come scrivemmo per tempo, una tragedia antidemocratica. Fu un errore far votare tutti, anche i passanti, togliendo qualsiasi valore ai militanti, a quelle persone che, con il loro lavoro ed il loro impegno, mantengono viva l’organizzazione di una forza politica. E fu un errore allestire le urne per convalidare una scelta già fatta nelle stanze delle segreterie, ovvero la designazione di Walter Veltroni. Il terzo errore è stato il coronamento dei primi due: il siluramento dell’eletto, spingendolo alle dimissioni non per l’esito delle elezioni politiche, ma per quello delle regionali, salvo sostituirlo con il suo vice, Franceschini, vale a dire con chi non era legittimato a cambiare la linea politica, perché non era stato votato da nessuno. Né dai passanti, né dai militanti.
A questo punto è abbastanza normale che gli iscritti veri, i cittadini che prendono la tessera per convinzione e per rendersi utili, si siano sentiti frustrati e presi in giro, talché in molti hanno deciso di non prestarsi oltre. Mentre loro diminuiscono, aumentano le truppe cammellate, quelli che vengono iscritti apposta per far pesare di più, nella guerra interna, il signore cui fanno riferimento. Insieme ai cammelli, come se non bastasse, aumentano anche i fantasmi. In alcune zone della Campania gli iscritti sono più numerosi degli elettori, il che sembra poco verosimile, ed ho notizia diretta di gente che non ha nessuna intenzione d’iscriversi, né s’è mai iscritta, ma riceve mail nelle quali li si invita a cliccare per confermare il loro avvenuto arruolamento. Sistemi da basso impero, con l’aggravante dell’inesistenza dell’impero.
Sia detto senza ipocrisia: certe pratiche erano normali, nei partiti della prima Repubblica. Non era bello, ma, almeno, esistevano i partiti, dotati di una democrazia interna. Non sempre ammirevole, spesso distorta, ma pur sempre esistente. Oggi quelle condotte si ripresentano, ma prive di significato politico, perché fuori da ogni ipotesi di confronto aperto fra gruppi diversi, fra linee politiche alternative. Conosco a memoria l’obiezione: perché, nel centro destra c’è democrazia interna? La risposta è: no. Ma c’è una leadership riconosciuta, e c’è un braccio di ferro reale fra la rappresentanza d’interessi ed elettorati diversi. Le polemiche sul “partito del Sud” ne sono una dimostrazione. Il guaio della sinistra è che dice d’opporsi al berlusconismo, ma s’è riempita di berlusconidi. Dice di volere rappresentare metodi e linguaggi diversi, ma pretende di farlo dopo avere mutuato gli aspetti più grotteschi della parte avversa. La sinistra, insomma, esercita la gramsciana “egemonia” solo su gruppi ristretti, fra i quali c’è una folta rappresentanza di giornalisti, ma non sa più farlo sulla società e subisce quella altrui.
Le sconfitte plurime, infine, non hanno mosso un processo virtuoso, tendente a selezionare politiche e leaders nuovi, per prepararsi a vincere e governare, ma ha innescato una guerra per le spoglie, che vede protagonisti i capicordata di sempre. Si stanno scontrando per stabilire chi ha il diritto di trattare con Berlusconi e gestire il ruolo che spetta agli sconfitti, con gli spazi ed i soldi che questo, comunque, comporta. Continuando su questa strada è inevitabile che il baricentro torni a trovarsi dove c’è la più forte ossatura organizzativa, il più solido intreccio fra interessi locali e proiezione politica: nella casa che fu comunista. E questo sarebbe il completamento del suicidio, perché la sinistra di governo non basta che si travesta e mimetizzi, occorre che sia anticomunista. E’ così in ogni angolo d’Europa.
Contino pure le tessere, se li sollazza, ma s’accrgano che manca il mosaico. E se resta loro un minuto di tempo controllino come funzionano, nel mondo democratico, i partiti che contano e funzionano. Potrebbero ispirarsi a quel modello, piuttosto che al loro brutto passato.

Condividi questo articolo