Politica

Trasparenza e snudamento

Le intercettazioni bordellesche occupano pagine e pagine, ore e ore di trasmissioni, ove ciascuno pretende di far la morale agli altri. Tutto questo per vendere qualche copia in più conquistare qualche spettatore. Sono convinto che: a. agli italiani prema di più quel che succede nel loro portafoglio; b. il loro giudizio sul governo, e su chi lo guida, si formerà più su quello che sul resto. Ciò non di meno, mano a mano che cresce la valanga delle telefonate divulgate, più d’uno, a destra e sinistra, sopra e sotto, si spinge a proporre una via d’uscita personalizzata: Berlusconi tolga il disturbo, facilitato da una specie di salvacondotto. Non solo tale via è ostruita dalla più totale incostituzionalità, ma neanche servirebbe a un bel niente. Anzi, metterebbe il Paese in condizioni peggiori.

Se non si mangiasse solo pane e faziosità, se si provasse a nutrirsi di misura e razionalità, sarebbe difficile occultare il gigantesco problema istituzionale, consistente non solo nell’impotenza del governo, ma anche nell’assenza di difese che ne tutelino la dignità. E questo è un tema d’interesse nazionale.

Cosa si dicono Sarkozy e Cameron quando la Merkel li lascia scoperti sulla questione libica? Come reagiscono i governati europei quando un Obama sotto assedio del Congresso proclama che i pericoli vengono dalla tenuta dell’euro? Cosa si dice della Merkel che sacrifica la politica europea ai suoi interessi elettorali e non riesce a vincere un’elezione che sia una? Certo, fra governanti ci si potrà scambiare giudizi duri, anche feroci, ma difficilmente volgari. Posto, però, che anche quelli, se resi noti, sarebbero esplosivi, cosa dicono i leaders quando parlano con i loro collaboratori? Non lo sapremo mai, o lo sapremo nell’era delle memorie. Ed è giusto che sia così. Abbiamo dovuto attendere cinquanta anni, e che fossero tutti morti, per sapere cosa, in privato, diceva Kennedy di Luther King (sostenendo che organizzava ammucchiare in albergo prima di fare storici discorsi). Ed è giusto che sia così. Una cosa è la trasparenza tutt’altra lo snudamento. Se da noi avviene il contrario non è (solo) perché un governante crapulone s’è abbandonato all’incontinenza verbale, ma (anche) perché le sue conversazioni private sono state intercettate, sbobinate e passate ai giornali.

Assunto che quelli sono sintomi di cattiva tenuta dei freni inibitori e dato per certo che, in quelle condizioni, non si governa, provate a rispondere alla seguente domanda: quanto avrebbe retto, un altro, nella condizione in cui s’è trovato Berlusconi? Siate seri e rispondete usando i secondi come unità di misura. Si obietta: se lui non si fosse messo a fare quella vita e a dire quelle cose, il problema non sarebbe sorto. Non lo credo proprio: un governo istituzionalmente debole e giuridicamente nudo sarà sempre ricattabile e sbriciolabile. Non c’è una sola stanza di governo, in nessuna parte del mondo, che possa funzionare se esposta alla totale visibilità. Chiunque, in quella condizione, per giunta privo di consenso elettorale personale, viene spazzato via in un attimo. Proprio per questo, quindi, il problema non è affatto quello di trovare lo strumento che salvaguardi Berlusconi e lo induca alla resa, intanto perché non avverrà e, poi, perché sarebbe inutile. Si deve, semmai, dedicarsi al più difficile e promettente compito di rimettere in equilibrio i poteri e impedire che un’inchiesta giudiziaria possa mai più così direttamente nuocere agli interessi nazionali.

Le leggi esistono di già, ma sono regolarmente calpestate perché un ordine dello Stato è fuori controllo, fuori dai binari: la magistratura. Le procure, per la precisione. Liberarsi di un governo esaurito senza affrontare tale problema equivale a consegnarsi ostaggio degli inquisitori, creando una situazione peggiore di quella da cui si fugge. E noi, che queste cose le sosteniamo da anni, non ci faremo mettere a tacere dal moralismo senza etica di chi pretende di metterci le mutande in bocca, perché sappiamo distinguere il patetico dal pericoloso, come gli errori personali (che si pagano) dagli orrori istituzionali.

Condividi questo articolo