Politica

Troppi ricatti

Siamo alla tattica. L’incontro fra Silvio Berlusoni e Umberto Bossi ha prodotto, stando alle dichiarazioni del secondo, un risultato immediato: chi, come la Lega, chiedeva le elezioni a gran voce ora s’acconcia a mostrarsi più paziente e prudente. Per dimostrare di non aver fatto alcun passo indietro, però, Bossi ha aggiunto che si procede puntando all’applicazione del programma, senza in nessun caso aprire alcun rapporto con Pier Ferdinando Casini e l’Udc. Una cosa, però, indebolisce l’altra.
Il punto ineludibile non è tanto la questione aperta da Gianfranco Fini, con la defezione di alcuni parlamentari a lui vicini, perché attorno a questa vicenda i contorni sono ancora confusi: i contestatori affermano di volere contribuire alla realizzazione del programma, quindi di convergere con quanto stabilito al vertice di ieri, ma l’estate dei veleni non sarà certo spazzata via dai temporali settembrini. Ciò con cui la maggioranza deve fare i conti è altro: posto che i finiani saranno disponibili a votare volta per volta, riservandosi d’agire liberamente, anche tutte le altre componenti diventano decisive, alla Camera dei deputati, anche le più piccole. Anche chi dispone solo di due o tre voti può permettersi, in quella situazione, di dettare delle condizioni, mentre, fino a prima della rottura, doveva solo stare attento a non dar troppo fastidio, per evitare di ritrovarsi, al prossimo giro, fuori dal Parlamento. Per dirla in modo rozzo, ma efficace: il potere di ricatto, a questo punto, è in mano a troppa gente, quindi il governo non può tirar dritto e far finta di niente, mentre gli annunci relativi al programma sono solo parole.
Berlusconi e Bossi sono alleati, ma elettoralmente concorrenti. Le elezioni anticipate converrebbero a Berlusconi, dal punto di vista politico, così come a Bossi, dal punto di vista elettorale, ma non può disporle né l’uno né l’altro. In caso di crisi la palla torna al Quirinale, che ha già, ripetutamente e chiaramente, fatto sapere di non avere alcuna intenzione di gestirla in modo informale. Avete presente i dispetti fra ragazzi, quando il proprietario del pallone, adirato, una volta agguantatolo annuncia che se lo porta via? Ecco, questo, più o meno, è l’incubo della coppia che ieri s’è vista in riva al lago.
Il guaio è che l’Italia non se ne può star sugli spalti a mangiar noccioline, in attesa che i contendenti la smettano di bisticciare e riprendano a lavorare. In questi giorni assistiamo allo spettacolo pazzesco di una Fiat osannata dalle autorità governative statunitensi e messa in croce dalle istituzioni tagliane. In un mondo a competizione globale, nel quale l’allocazione delle produzioni dipende dalla logistica e dall’ospitalità dell’ecosistema istituzionale e sindacale, quale credete possa essere la conseguenza?
E’ l’intero sistema della seconda Repubblica, la sua pretesa di divenire maggioritario e bipolare senza riforme costituzionali, ad essere giunto al capolinea. E c’è giunto da tempo. Adesso è lì, in un punto morto, senza sapere come ripartire. Quindi, per carità, possiamo sforzarci di capire le ragioni della tattica, sappiamo che le insidie sono molte, abbiamo ben presente che la maggioranza degli elettori esprime una preferenza per il centro destra (lo ha fatto tre volte, dall’inizio della legislatura) e che, quindi, si deve cercare di dare un senso a questa forza, ma attenti a non cadere nell’illusione che la tattica risolva alcunché, o distragga gli italiani. Serve altro, e ancora non si vede.

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