Si può discutere quanto si vuole sull’opportunità che la Turchia entri a far parte dell’Unione Europea, e ripeto che se l’Unione fosse quel che i padri fondatori avevano pensato dovesse essere non sarebbe possibile. Ma noi non siamo negli anni cinquanta, l’Unione è già un insieme disomogeneo senza anima politica, e le priorità sono altre.
Per questo è assai improvvida la decisione di congelare il negoziato, sbattendo in faccia ai turchi l’apertura a Cipro dei loro porti. Improvvida e pericolosa.
Il tema che oggi domina l’agenda politica internazionale è l’atteggiamento da prendersi nei confronti di quegli Stati islamici che si mostrano esplicitamente ostili ed aggressivi nei confronti delle democrazie occidentali. Non solo vi sono Stati che allevano nel proprio seno le cellule cancerose del terrorismo fondamentalista, ma ve ne sono anche, come l’Iran, che inseguono l’arma atomica con il dichiarato obiettivo di cancellare Israele dalla carta geografica. Nel mentre questo accade la Turchia è un Paese la cui popolazione è in maggioranza islamica ed il cui governo è retto dal leader di un partito islamico. Ciò non di meno resta una democrazia (con mille difetti), resta un Paese che guarda ad occidente, resta una realtà dove la convivenza di idee e fedi diverse è possibile.
Non basta, è anche il Paese che proprio in queste ore ospita il capo della cattolicità. E per quanto si possa sostenere che gli affari religiosi non devono essere politici, ha un sicuro rilievo politico il fatto che quel viaggio si sia potuto fare e che il capo del governo abbia incontrato l’ospite, dandogli il benvenuto. In quanti altri Stati a maggioranza islamica questo è possibile? Il meno che si possa dire, quindi, è che la burocrazia di Bruxelles ha scelto il momento peggiore per farsi sentire. Il peggiore. Ed anche questo è un segno dell’insufficienza politica dell’Unione, perché lo scambio di pareri fra la Commissione Europea ed il Consiglio, fatto in questo modo avventato, come se non si trattasse di una materia di primaria importanza, come se il tema da esaminarsi non fosse solo la coerenza turca con le richieste europee, ma anche quello della politica europea nei confronti del vicino islam, dimostra quanto poco siano politiche quelle istituzioni. E’ un problema nostro, mica solo dei turchi.