Non si perde occasione per rammentare che la Rai è un’anomalia non sanabile, non correggibile. Claudio Cappon, direttore generale della televisione di Stato, lamenta che ponendo un tetto di 250 mila euro ai compensi si perderebbero molti fra conduttori, artisti e giornalisti. Commovente.
Sempre davanti alla Commissione parlamentare di Vigilanza il presidente della stessa azienda, Claudio Petruccioli, ci tiene a dire che il Tg1 è abbastanza ecumenico, il Tg2 da più spazio alla destra ed il Tg3 alla sinistra. Lo preoccupano Fazio ed Annunziata, i cui ospiti pendono sproporzionatamente a sinistra, ma si porrà rimedio. Son discorsi privi di senso.
Un giornalista deve essere libero di fare le domande che crede, il direttore di una testata di dare al suo giornale l’indirizzo che ritiene più opportuno. Poi sarà il mercato, i lettori e gli ascoltatori, a stabilire se il prodotto finale è apprezzabile o una schifezza. Alla Rai questo meccanismo non funziona perché tanto si paga tutto con i soldi dello Stato, si amministra l’azienda mandando personale politico e, quindi, è del tutto normale che il risultato sia la spartizione, la lottizzazione. Non c’è rimedio, non c’è via d’uscita ed è patetico che si faccia appello a cose come l’imparzialità od il pluralismo, che nessuno sa esattamente cosa siano. Fazio ed Annunziata hanno tutto il diritto di essere di parte, come in effetti lo sono, solo che non devo essere io a pagare loro lo stipendio. Glielo paghi un editore privato, un gruppo che sia disposto a rischiare i propri quattrini e la propria credibilità appresso alle loro trasmissioni. State sicuri che si trova, state certi che in video sono e lì rimangono, ma è inaccettabile che i loro simpatici (qualche volta) comizi li si debba pagare con i soldi delle tasse.
La stessa cosa vale per i compensi: non ne esistono di troppo alti, perché ciascuno può bene incassare quel che il mercato lo valuta. Il fatto è che se una conduttrice incassa un milione di euro la metà ce l’ho messa io, sempre con i soldi di una tassa che sono obbligato a pagare, che se evado mi puniscono. E questo è inaccettabile. In quanto a Cappon ed ai suoi conti su Sanremo, gli comunico che non tornano. La Rai non ha guadagnato un solo euro, con quella trasmissione, perché nei conti del dare e dell’avere si deve inserire anche il fatto che la manifestazione canora, e la relativa raccolta di sponsor, è resa possibile da strutture Rai e posizione di mercato a loro volta frutto di fiumi di denaro presi dalle tasche dei contribuenti. Se dai conti si cancella il come ed il perché di quel successo è evidente che tutto si tinge di rosa, ma se si fanno correttamente il colore rosso prevale, e di brutto.
Questa gnagnera dei costi e dei conti Rai ce la ripetiamo da decenni, sempre uguale, così com’è immutabile l’oziosa discussione sulla faziosità. E’ di tutta evidenza che esiste una sola soluzione, consistente nella privatizzazione. Sarebbe un bene per la Rai, per il mercato, per la libertà ed il pluralismo. Siccome non la si vuole, siccome questo mondo politico e questa Rai sono la stessa cosa, talora anche le stesse identiche persone, almeno, per cortesia, la smettano di sbrodolarsi addosso sempre le stesse chiacchiere.