Pierluigi Bersani non ha solo perso tempo, ha avvelenato i pozzi. Era evidente già la sera del 25 febbraio: i due protagonisti della seconda Repubblica, i due antagonisti del bipolarismo fasullo, avevano entrambe perso elettori ed elezioni, ma un governo all’Italia poteva darsi solo in ragione di un loro accordo. Forme e definizioni da trovarsi, ma quello era il succo. Il segretario del Partito democratico, circondato da un gruppetto metà fanatico e metà traumatizzato, ha adottato una condotta apparentemente dissennata, ma sostanzialmente devastante: corteggiando i pentastellari continuava la campagna elettorale. Tentando alcuni di loro e lanciando messaggi verso la Lega provava a fare dello scilipotismo una dottrina costituzionale, nel frattempo guadagnava tempo, in modo da vedere esaurire quello di Giorgio Napolitano. Già, perché questo ha partorito la rabbia e la voglia di rivalsa bersaniane: credere che il nemico fosse l’uomo del Colle, riluttante a far nascere un governo sol perché sarebbe morto ancora in fasce.
Per questo si sono allestite le consultazioni ridicole e gli ascolti inutilissimi. Nessuno si offenda, fra i consultati, se così li definisco, siano essi persone singole o organizzazioni, è certo che il turismo o l’ambiente son cose importanti (ammesso che i ricevuti li rappresentino), ma forse non se ne erano accorti: sono stati presi quali ostaggi, mica ascoltati come suggeritori. Giunti a questo punto, però, i veleni sono iniettati e sarà proprio il Pd a impedire la nascita del governo. Spappolandosi. Bersani ha voluto negare la sconfitta e mantenere unito il partito, riuscendo a trasformarla in disfatta e a spaccarlo.
Infatti, non solo Bersani ha escluso l’unico governo possibile, che egli stesso avrebbe potuto guidare, ma lo ha fatto in modo tale da renderlo impossibile dopo il suo passaggio. Chi potrebbe presiederlo? Non certo un altro esponente del Pd, e meno ancora qualcuno riconducibile al Pdl. Quindi si passa all’ipotesi di un governo creato al Quirinale, per la seconda volta (a proposito: quello Monti deve essere ritirato dal mercato, prima che si decomponga a cielo aperto, ma se qualcuno, nel Pdl, pensa di trarre profitto dallo spalleggiare un ministro inetto come Terzi vuol dire che il partito di maggioranza relativa è trasversale e s’intitola ai matti). A questo punto, però, il Pd non è più in grado neanche di votare un governo del presidente, perché ciò provocherebbe una rottura con il racconto fin qui costruito dal gotorismo e dai suoi stralunati seguaci. Un governo Amato, per dire, significherebbe la scissione nel Pd.
E allora? Allora tutte le storie sui doppi binari, sui cerchi e sulle convenzioni costituzionali sono bubbole, perché richiederebbero uno spazio vitale di uno o due anni, laddove la gittata massima della riflessione politica è di una o due settimane. Dal che deriva che o nel Pd si liberano della dottrina bersaniana o andiamo dritti alle elezioni. Dopo le quali faremo il governo di coalizione che oggi non si vuole fare, con una sinistra che avrà avuto bisogno della confermata sconfitta elettorale.
Questo festival dell’impotenza e della cecità si svolge mentre s’appresta una patrimoniale bancaria non indirizzata a diminuire il debito pubblico, ma ad arricchire gli sciacalli che ululano sulle nostre ricche miserie; una pressione fiscale crescente in un mercato dei consumi declinante; una continua perdita di competitività, cui non si contrappone alcuna riforma, ma l’aggravante del fisco e della previdenza; un sistema produttivo cui non arriva il credito, ma neanche i pagamenti dovuti; i grandi clienti che oramai si comportano come lo Stato, vale a dire che non pagano e ti ridono dietro suggerendoti di far loro causa, così ci rivediamo fra dieci anni; un sistema produttivo tedesco, come anche quello francese, che approfittano del nostro rintronamento per asfissiare la concorrenza dei nostri campioni, che sui mercati globali fanno ancora mangiare la polvere ai competitori. Ma di queste quisquiglie chi si preoccupa? Di tali pinzillacchere chi si cura? L’Italia parla del videostreaming che diffonde il confronto fra l’arroganza remissiva e l’arroganza aggressiva, fra il vuoto rotto e il vuoto col botto. E’ così che non s’è solo perso tempo, ma diffuso veleno.
Pubblicato da Libero