Politica

Vessazioni impolitiche

Non si farà nessuna riforma fiscale se non si riprenderà a far seriamente politica. Non ci sarà mai un consenso importante se non si sarà capaci di mettere in relazione le promesse che si fanno con la vita reale ed effettiva, che molti legislatori sconoscono, ma che ai cittadini è ben chiara. Prendiamo tre questioni, apparentemente lontane fra di loro, che dimostrano quanto le parole pronunciate distanziano la realtà percepita: le aggressioni ai dipendenti di Equitalia; l’età pensionabile delle donne e l’uso del denaro contante.

Chi lavora per Equitalia, a contatto con il pubblico, misura quotidianamente il crescere dell’ostilità. Quando ciò degenera in violenza, anche solo verbale, è esecrabile, ma non per questo ignorabile. Insulti e modi maneschi si rivolgono verso impiegati che, all’evidenza, non hanno alcuna colpa specifica, ma sono provocati dal modo brutalmente arrogante con cui l’amministrazione pretende di trattare il cittadino. Basta toccare questo tema per essere sommersi da mail di persone che si sentono perseguitate. E, si badi, non sono i mitici evasori fiscali, i nemici della collettività, i quali, semmai, se la ridono per tanta impotenza, ma persone che raccontano di contestazioni a capocchia, documentazione persa, uffici che non rispondono, appuntamenti che saltano, giornate su giornate sprecate per stare appresso a un modo dissennato di far contestazioni e raccogliere ricorsi. E il punto è sempre lo stesso: se il cittadino è tenuto a pagare prima che qualcuno ne abbia giudicato, imparzialmente, le ragioni, se per ricorrere deve spendere più tempo e denaro che per umiliarsi a pagare il non dovuto, quel cittadino schiuma di rabbia. Giustamente.

Siccome si parla di riforme fiscali a pressione costante, vale a dire spostando i pesi da qui a lì, posto che in entrambe i posti ci sono le stesse persone, e posto che si fanno riforme non in deficit, vale a dire dando con una mano quel che si prende con l’altra, è evidente che la forma è rilevante. Se la politica non s’industria ad affrontare quella, se lo Stato si presenta solo con la faccia ottusa e feroce dell’esattore cieco, il consenso non ci sarà mai, qualsiasi cosa si proponga.

Le donne vanno in pensione troppo presto e, per loro fortuna, vivono più a lungo degli uomini. Non ci vuole un esperto per capire che i conti non tornano. Nella pubblica amministrazione la pari età c’è già stata imposta dalla Corte di giustizia europea, che da soli non ne siamo stati capaci. Ora si parla di far lo stesso nel privato. Solo che se ne parla sempre in tono punitivo, senza essere capaci di fare un discorso un filino più accettabile: viviamo in un mondo migliore del passato, campiamo più a lungo e ci sono meno giovani al lavoro, quindi si devono adeguare anche i trattamenti previdenziali. Fatta tara dei lavori usuranti, anche il lavoro è meno pesante e si deve farlo più a lungo, a meno che le nonne (già sistemate) e le madri non abbiano deciso di campare alle spalle delle figlie e delle nipoti. A questo s’aggiunga che alzare l’età pensionabile è giusto, ma va fatto per beneficiare i giovani che entrano nel mercato del lavoro con occupazioni instabili, con una speranza pensionistica assai minore dei loro avi. Per queste ragioni devono pagare di meno, fermo restando il loro diritto di versare quel che gli pare per la pensione integrativa. Se, invece, si alzano sia l’età che i contributi a carico dei lavoratori non protetti si mette in atto un’operazione politicamente nociva. Incapace di parlare positivamente a quale che sia interesse sociale.

E veniamo all’uso del contante. La moneta elettronica (carte di credito, prepagate e bancomat) ha il grande pregio di funzionare veramente nel contrasto dell’evasione fiscale, salvo il fatto che non solo non è incentivata, ma disincentivata. Se pago in contante ottengo uno “sconto”, che, in realtà, è spesso una divisione dell’iva evasa. Ci sono negozianti che sono disposti a farti credito, pur di non prendere la carta di credito. Allora occorre incentivare il consumatore. I gestori di carte già lo fanno, assegnando punteggi per premi e sconti, lo faccia anche il fisco. Partendo, però, da una premessa: il centro destra urlò contro lo “Stato di polizia fiscale” quando il ministro Vincenzo Visco voleva bloccare l’uso del contante. Ora, di fatto, si sono messi sulla medesima strada, che è anche logica. In questi casi non guasta un bel: scusate, avevamo detto una castroneria. Ci si guadagna in credibilità.

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