Politica

Vicolo cieco

In molti guardano, increduli, verso Silvio Berlusconi: davvero è disposto a farsi massacrare lentamente, facendo finta di non accorgersi che la maggioranza non c’è più? davvero non riesce a ribaltare una situazione in cui a lui imputano praticamente tutto, tenendolo a rosolare sui carboni delle procure, mentre ad altri contestano (riservatamente) solo reati inesistenti (lo scrivemmo), in modo da poterli archiviare con rivelatrice celerità? Il sistema politico, con appresso i commentatori che ne fanno parte, s’è così abituato a dipendere da quest’uomo che non riesce più a vederne i limiti e gli errori. Gli adepti gli attribuiscono poteri magici, gli avversari attitudini demoniache, sicché non ragionano più sulla realtà, ma attendono il prodigio, il colpo d’ala, la trovata, la predellinata. Insomma: la berlusconata che cambi tutto. Intanto non ci s’avvede che è la democrazia a subire il danno.

Il Berlusconi d’oggi non ha molte alternative. Saprà giocare con intelligenza e spericolatezza le sue carte, come al solito, ma son pur sempre quelle del mazzo. Chi gli consiglia guerre e rotture sottovaluta quanto sia sfilacciato il tessuto istituzionale e sociale, sopravvalutando le sue doti d’incantatore. Chi gli consiglia prudenza e cuciture sottovaluta gli sbreghi già prodottisi, sopravvalutando la convenienza della permanenza. Gli uni e gli altri puntano sulle sue vanità e sulle sue paure. Lui, come al solito, proverà ad utilizzare razionalità e coraggio. Il guaio è che la gran parte del tempo è passato, ed è stato sprecato.

Berlusconi, nel corso della sua vita politica, ha costantemente goduto della maggioranza relativa dei consensi. Qualche volta animata dall’entusiasmo, qualche altra dalla rabbia. Adulatori e detrattori hanno commesso il clamoroso errore di ritenerlo l’artefice di quella maggioranza, invece, mi ripeto, ne era l’interprete. Quell’Italia gli preesisteva e gli sopravviverà, lui ne è una vitalissima espressione. Tanto da imprenditore che da politico. Il problema è che egli ha ragionato così come Henry Kissinger sviluppava la sua politica estera, prendendo spunto dagli studi sul congresso di Vienna: una superiorità militare si traduce sempre in superiorità politica. La sua superiorità era elettorale ed economica. Ma non è bastata. Si è buttato nello scontro degli interessi reali, ha combattuto strenuamente per la difesa fisica dagli assalti giudiziari, ha costruito e ricostruito maggioranze politiche mettendo assieme mezze figure e quarti di partito, ma non ha mai veramente creduto di cambiare l’Italia, non ha mai messo veramente mano all’evoluzione costituzionale. Oppure, se preferite, se siete tifosi dal cuore sensibile, possiamo dirla in modo diverso: non c’è riuscito, non glielo hanno fatto fare. Cambia poco.

Così siamo finiti in un vicolo cieco: quando Berlusconi perde le elezioni il governo perde la maggioranza dei consensi (che egli ha sempre conservato), divenendo la sommatoria di tante minoranze incompatibili e di troppi furbacchioni fessi che passano il tempo a fregarsi a vicenda; quando le vince, invece, rimane prigioniero del nulla di cui si circonda e dell’incaponirsi a prevalere senza cambiare le regole. Siamo fermi in quel punto, da sedici anni.

L’ultima volta le ha vinte alla grande, con maggioranze d’Aula sterminate. Aveva amputato una componente politica, quella dell’Udc, conservando l’alleanza con una rappresentanza territoriale e quel che restava di un partito che fu fascista, e per quel che non lo è più stato gli deve tutto. E’ stata la volta buona? No, perché non è partito subito dalle riforme istituzionali, s’è nuovamente fatto assediare nella trincea giudiziaria e i palazzi ove abitano i poteri non democratici, non eletti, si sono messi a lavorare per sterilizzarlo. Se la sinistra politica esistesse non si sarebbe prestata al gioco, pur restando fiera avversaria dell’interprete di quella maggioranza elettorale con cui, alla fine, le riforme si sarebbero dovute fare. Ma non esiste, è solo un’accozzaglia di reduci ricattabili. Questo tipo di conflitto, svolto lontano dalle urne e in un’azione costante di corruzione parlamentare, nuoce seriamente alla salute della democrazia.

E ora? Berlusconi non dica che il governo opererà per anni, facendo meravigliose riforme, perché lo vediamo che non sarà così. Né dica che si risolve tutto tornando alle urne (al momento, per la verità, non lo dice affatto), alleggerite di un altro alleato, Gianfranco Fini, perché vediamo già le fratture del futuro, annidate dentro al Lega e dislocate secondo criteri di geografia economica. Il più capace e forte interprete della maggioranza relativa degli italiani deve riuscire a dare un senso a quel consenso, descrivendo la via istituzionale che porta alla terza Repubblica, visto che la seconda, mai nata, s’inabissa ingloriosamente. Su quello chiamare il Parlamento a lavorare, fino alla scadenza naturale, o gli elettori a votare. Il resto, a cominciare dall’economia, non è che sia meno importante, è che non si riuscirà a farlo come si dovrebbe. Come è necessario e doveroso.

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