Politica

Vota il presidente, che non si elegge

Sulla scheda elettorale troveremo diversi simboli con l’indicazione del “presidente”: Berlusconi, Casini, Veltroni. Di Pietro incarna personalmente il partito. Peccato che non ci sia alcun presidente da eleggere, che non siamo in un sistema presidenziale e che, pertanto, quei nomi sono solo l’ennesima illusione elettorale, per far finta di essere diversi. Si dice che gli italiani si sono, oramai, abituati a procedere così. Il che forse è vero, ma anche pericoloso, perché l’illusione poi passa, e la disillusione non porta con sé sentimenti positivi.
La prossima legislatura ha il compito di assestare l’intero sistema, cercando di far corrispondere la realtà all’illusione. La via maestra è quella di una Repubblica presidenziale (o semipresidenziale, come la francese), il che comporta anche un sistema elettorale effettivamente maggioritario, senza trucchi, imperniato su collegi uninominali. C’è chi crede si possa tornare al proporzionale, reinserendo il voto di preferenza. Non lo ritengo possibile, ma non perché sia instabile, come sostengono quelli che ripetono a pappagallo le frasi fatte (il nostro fu molto stabile, a dispetto dei governi che duravano poco), bensì perché si sono distrutte le radici e le tradizioni partitiche, quindi rischieremmo solo di moltiplicare per cento questa degenerazione personalistica e familiare.
Si dovrebbe, insomma, aprire un clima ed una stagione ricostituente. I toni scelti dai due leader principali sembravano rendere possibile questo tentativo, coerente con la loro decisione di frantumare le vecchie coalizioni, ma per il resto le cose non si mettono bene. Il contesto economico non aiuta, perché la crescita bloccata comporta una gestione non semplice dei contrasti. Continuare ad utilizzare il sedativo della spesa pubblica sarebbe suicida, laddove la necessaria diminuzione della pressione fiscale comporta la conflittuale riduzione di privilegi e rendite. Neanche il quadro internazionale consente tranquillità, perché l’Italia si marginalizza e degrada, ma compartecipa (giustamente) ad alleanze ed impegni militari che ci espongo a rischi notevoli. E c’è anche il livello della classe politica che precipita, complice una selezione fatta per fedeltà e nemica della qualità.
Terreno bagnato e squadra flaccida. Eppure la partita va giocata.

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