Politica

Wind jettare soldi pubblici

Evitiamo di passare da Wind Jet a wind getta soldi pubblici. Mettiamo subito in chiaro che il salvataggio di quella compagnia aerea non deve farsi con soldi pubblici, come stanno pensando di fare. Neanche se mascherati dietro il velo ipocrita di una finanziaria, l’Irfis-FinSicilia, che, del resto, era una società partecipata dalla regione, ma controllata da UniCredit, salvo che lo scorso 10 gennaio la banca ha venduto alla regione il suo 76,26%, lascindola nella condizione di azionista unico. Posto, quindi, che UniCredit ritiene l’Irfis un bidone da cui scappare, nessuno provi a prendere in giro gli altri: se esce un tallero verso Wind Jet vuol dire che si tratta si salvataggio pubblico. Il tutto in capo a una regione che ha già fermato i flussi finanziari verso i fornitori privati (agendo in violazione dei diritti e innescando fallimenti), li bloccherà verso gli enti locali, per poi passare a stipendi e pensioni. Una regione in bancarotta che salva una compagnia aerea in bancarotta. Un ente pubblico indebitato che salva dai debiti un privato. Spettacolo avvincente, non meno che ripugnante.

Questi non sono affari siculi, ma nazionali. Sono così poco siculi che la politica siciliana manco ne parla, preferendo trastullarsi con godimenti carnali e paradisi artificiali. La Sicilia è divenuta regione “sesso, droga e soldo roll”. Ma quel genere di salvataggi si ripercuote sui conti nazionali, perché quando, fra breve, il rating dell’isola sarà declassato, il conto diventerà conto nazionale. Quando i dipendenti di società improduttive, frutto di clientelismo dissennato e maturate con ruberie esagerate, sommergeranno le vie i soldi saranno chiesti al governo nazionale. Com’è già successo e succederà.

Ci sono compagnie aeree che prosperano, garantendo numerose tratte con la Sicilia. C’è la zona circostante un aeroporto, Birgi (Trapani), che è risorta a nuova e più bella vita, grazie a quei flussi. Se altre compagnie affondano nei debiti è giusto che s’inabissino, come è giusto che chi le ha guidate paghi per la propria incapacità. Restando da stabilirsi, e non è certo compito nostro, se debba pagare anche in sede penale. E’ sbagliato salvarle? No, è sbagliato farlo cercando di corrompere il mercato, con soldi pubblici. E’ bene salvarle se altri gruppi, o concorrenti di ieri, valutano interessanti gli asset della società, a cominciare dalle rotte coperte e dagli slot. Se quella roba può essere condotta a profittabilità, mettendo in luce che il fallimento si doveva non alla natura del business, ma a quella di chi lo gestiva, va benissimo. Cento volte meglio che chiudere. Ma se non è così, se non ci sono capitali privati pronti a rilevare una potenziale occasione, è segno che trattasi di ciofecha. Se ci metti soldi regionali non salvi posti di lavoro, ma bruci ricchezza e, quindi, distruggi posti di lavoro futuri, profittevoli. In altre parole: produci miseria.

Si proceda in questo modo: a. nessuna connivenza con i responsabili, che devono pagare; b. nessun finanziamento pubblico, destinato a essere perso; c. chiarimento di quali sono le condizioni operative e di come funziona (se esiste, il che non è) il piano per gli aeroporti; d. rimedio veloce all’ignominia di Comiso, dove l’Europa ci chiede di restituire i soldi presi, visto che l’aeroporto è stato realizzato, ma resta chiuso; e. invito a operatori e investitori, nazionali e internazionali, affinché accorrano per mettere le mani su un mercato potenzialmente ricco; f. se esistono investitori siciliani che siano i benvenuti, ma al pari degli altri. Gli aerei non volano in vernacolo, mentre i buchi crescono in dialetto.

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