Politica

Zelanti

giacalone editoriale la ragione 20 febbraio 2025

Per essere zelanti sostenitori dell’Ucraina basta sostenere il diritto e considerare criminale l’invasione russa. Non c’è alcun bisogno di identificare il Paese con il suo presidente Zelensky. Non si è solitari se si nutrono perplessità su stile e finalità dell’odierna presidenza Usa e ha ragione Marina Berlusconi ad augurarsi che non finisca con il liquidare l’Occidente, epperò sentire Trump dire che «Zelensky non doveva iniziare la guerra» supera di slancio il ridicolo e approda al paradossale. E dice molto sull’aria che tira, considerato che è poi passato agli insulti personali.

Si potrebbe osservare che attribuire all’Ucraina l’inizio del conflitto è in contraddizione con il trattare con la Russia, per giunta buttandola direttamente sul commerciale e dando l’impressione di star per dividersi una carcassa, manco fossero quarti di bue. Si può anche prendere atto che una simile posizione genera una rottura totale con tutti i governi (compreso il nostro) e con la maggioranza dell’Assemblea delle Nazioni Unite che condannarono l’invasione russa. Si può anche fingere di avere capito che dietro una simile affermazione c’è un disegno lucido, talché si paga il prezzo di aiutare Putin pur di dividere le sorti della Russia da quelle della Cina e isolare i cinesi, ma si rischia di fare la fine dell’acrobata cui non mandano l’altalena di ritorno. Putin ha ridotto la Russia a vassallo cinese e gli è toccato chiedere soccorso anche a una impresentabile Corea del Nord: facciamo anche una colletta? Si potrebbero provare questi esercizi, ma la questione è più profonda: Trump può dire qualsiasi cosa, non perché sia imprevedibile ma perché è insindacabile. E se qualche Corte Usa ritroverà il coraggio di sé, se a un certo punto anche qualche democratico e qualche repubblicano si ricorderanno che esiste la dignità, ho l’impressione che la corte digitale del presidente sarà in grado di far danni considerevoli anche dalle nostre parti.

Difatti, tornando all’Ucraina, già vedo spargersi i liquami dell’influenza delle parole che negano la realtà. Ad esempio vedo che c’è chi si fa pensoso riflettendo sul fatto che la presidenza di Zelensky è scaduta e che in una democrazia si devono tenere le elezioni. Altrimenti non si è in democrazia. Giusto? No, sbagliato. A meno di non considerare come delle non democrazie il Regno Unito o la Francia. In Francia votarono nel 1936, ma le elezioni successive si tennero nel 1945. Del resto, magari qualcuno ne ha sentito parlare, era in corso la Seconda guerra mondiale e in Francia c’era l’occupazione nazifascista, sicché sarebbe stato originale votare solo nella parte ‘libera’, in questo modo togliendo il diritto di voto ai cittadini della parte occupata. Nel Regno Unito non si votò per dieci anni, nello stesso frangente, e se ci fossero stati i social e la vicinanza fra chi li possiede e i nazisti, più di uno avrebbe dato per sicuro che «Churchill è scaduto».

Non mi preoccupa che ci sia chi è pronto a bere queste boiate, adeguatamente preparato da una scuola in cui studiare fatti e date pare sia un oltraggio alla libertà dell’ignoranza; mi preoccupa che al solo accennarsi di questi argomenti non si levi una pernacchia continentale. La sola idea che si possa votare in un Paese in parte occupato – con milioni di persone al fronte e sotto le bombe e con milioni riparati all’estero, comunque lontani dalle proprie residenze – è un’idea ridicola quanto quella che siano stati gli ucraini a iniziare la guerra.

In quanto a Zelensky, la storia gli riconoscerà di non avere imboccato la facile strada dell’esilio da conferenziere e attore, scegliendo di dare una lezione al mondo e a quanti si illudono che si possa compravendere qualsiasi cosa. Farebbe un gran servizio al suo Paese se dicesse adesso: «Non molleremo mai e nessuno conti né sul mio abbandono né su quello di un popolo coraggioso, provato, insanguinato ma non arreso; una volta finita la guerra avrò compiuto il mio dovere e non sarò il futuro dell’Ucraina, che spero di avere contribuito a salvare». Non calerebbe il sipario.

Davide Giacalone, La Ragione 20 febbraio 2025

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